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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2011 alle ore 21:07.

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Otto persone dovranno comparire davanti al gup nell'ambito dell'indagine sul tentativo di ricatto ordito ai danni dell'ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, filmato con un telefonino mentre si trovava in compagnia del trans Natalì in un appartamento di via Gradoli, e sull'eliminazione di un testimone chiave, improvvisamente risultato scomodo, di quel blitz. Il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli hanno firmato in questi giorni la richiesta di rinvio a giudizio.

Per il caso Marrazzo, la procura ha ritenuto di dover procedere nei confronti di quattro carabinieri che prestavano servizio presso la Compagnia Trionfale, tre piccoli pusher e lo stesso trans Natalì (il vero nome è Josè Silva Vidal), al quale sono contestati due episodi di detenzione e cessione di stupefacenti avvenuti a gennaio e a giugno del 2009. Secondo la procura, l'ex presidente della Regione Lazio venne sorpreso da Luciano Simeone e Carlo Tagliente (il maresciallo Nicola Testini era in ferie a Bari) il 3 luglio del 2009 a casa di Natalì. In quella occasione, i due militari girarono col cellulare un breve filmato, riprendendo anche della cocaina su un comodino (rimediata dal viado per l'occasione grazie al pusher Bruno Semprebene e portata via dai due carabinieri), si impossessarono di 5.000 euro in contanti e costrinsero il politico, «con la minaccia di gravi conseguenze, a compilare e a consegnare tre assegni dell'importo complessivo di 20.000 euro».

Il quarto militare coinvolto è Antonio Tamburrino cui la procura ha attribuito la ricettazione del video su Marrazzo, filmato che, nelle intenzione degli altri colleghi, una volta messo sul mercato, avrebbe fruttato tanti soldi. Ma Testini deve rispondere anche di omicidio volontario pluriaggravato in relazione alla morte di Cafasso (già informatore dei carabinieri), avvenuta tra l'11 e il 12 settembre del 2009 in una camera dell'Hotel Romolus in via Salaria. Secondo i pm, Testini, «al fine di procurare a sè e ai suoi complici Simeone e Tagliente l'impunità, cagionava la morte di Cafasso cedendogli un quantitativo di sostanza stupefacente consistente in una miscela di eroina e cocaina. Con le aggravanti di avere agito con premeditazione e col mezzo di sostanza venefica». E ancora: sempre Testini, Tagliente e Simeone si sarebbero associati per compiere perquisizioni illegali tra la Cassia e Trionfale al fine di sequestrare droga o mettere a segno rapine. Si tratta di una serie di operazioni, avvenute tra il 2004 e l'estate del 2009, «in realtà preordinate fin dall'origine grazie alla complicità di chi procurava la droga». Ed erano questi tre carabinieri, sempre secondo i pm, a permettere a Cafasso di spacciare nell'ambiente dei trans anche al fine di rapinarli, specie in casa dove gli indagati portavano via gioielli, profumi e denaro. (Agi)

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