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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 08:10.

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L'impasse sul tetto al debito federale negli Stati Uniti e la crisi del debito sovrano in Europa sono state finora analizzate in parallelo, considerate due facce della stessa medaglia: l'incapacità della politica, americana ed europea, di affrontare e risolvere problemi economici di medio e lungo periodo e di tenere il passo con i tempi dei mercati finanziari.

I mercati stessi ci dicono in questi giorni che c'è molto di più di un parallelismo e anzi c'è un serio pericolo di contagio dall'una all'altra sponda dell'Atlantico. È un timore già espresso dalle autorità americane: più volte il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, ha sollecitato gli europei ad adottare soluzioni durature per la crisi del debito sovrano. La sua preoccupazione non era tanto, o non solo, il destino dell'Eurozona, ma che gli investitori cominciassero a porsi sulla situazione del debito americano le stesse domande alle quali già stavano dando risposte pessimiste riguardo alla periferia d'Europa.

Negli ultimi giorni, però, l'onda dei mercati si sta muovendo nella direzione opposta: è l'incertezza sul debito Usa che sta provocando effetti negativi sull'Europa, e in particolare sull'Italia. I fondi del mercato monetario americani - fondi cui è legato un conto corrente, destinati a fornire ai risparmiatori investimenti a rendimento contenuto e a basso rischio - hanno alleggerito le posizioni sul debito europeo, e soprattutto italiano. Non sapendo cosa succederà da qui al 2 agosto, scadenza ultima per risolvere il conflitto sul debito Usa, e di fronte all'eventualità di un default, seppure momentaneo, del Tesoro americano o di un possibile declassamento, hanno bisogno di rimanere il più liquidi, e il più sicuri, possibile. E hanno eliminato potenziali fattori di rischio come i bond meno affidabili dell'Eurozona.

L'Italia si trova particolarmente nel mirino, oltre che per il rischio crescente che presenta, anche perché in queste situazioni è più facile disimpegnarsi di titoli trattati in un mercato più liquido e più profondo, come è appunto quello del debito di casa nostra. Questo tipo di contagio è ricorrente in tutte le crisi del debito, osserva un operatore del reddito fisso che ha memoria delle vicende dei Paesi emergenti degli ultimi decenni: alla fine degli anni 90, il default della Russia si trasmise al Brasile più rapidamente che ad altri mercati. Non tanto perché la situazione del Brasile fosse peggiore di altre (e comunque presentava vulnerabilità non indifferenti), ma perché cercando di arginare l'impatto della crisi russa, gli investitori avevano liquidato le posizioni dove era più facile, cioè sul mercato dei bond brasiliani. Un fenomeno simile a quello che sta accadendo adesso fra Usa e Italia.

Un altro canale di trasmissione può venire dalla pratica, molto diffusa negli Stati Uniti, dei fondi d'investimento di seguire un indice internazionale. L'Italia è una componente importante di questi indici, circa il 7% a livello mondiale, il 25% nell'Eurozona. Secondo un'analisi di Morgan Stanley (si veda anche l'articolo pagina 3), questi investitori erano sovrappeso sull'Italia per compensare le preoccupazioni su Portogallo e Irlanda (e in qualche caso la loro estromissione dagli indici dopo i downgrade): in fondo fino a un paio di mesi fa, i titoli italiani offrivano una volatilità ridotta e un rendimento addizionale rispetto a quelli tedeschi. Per riportarsi a un peso più neutrale sull'Italia rispetto ai benchmark, i fondi indicizzati sono divenuti ora venditori netti di BTp: Morgan Stanley stima in 25-65 miliardi di euro il potenziale flusso di vendite da questi investitori.

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