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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2011 alle ore 08:12.

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I ristoranti sul Graben, l'isola pedonale nel centro della capitale austriaca, sono tutti pieni e senza prenotazione è proprio difficile trovare un posto libero. L'atmosfera è effervescente visto che l'economia quest'anno crescerà del 3,1%, la disoccupazione è al 3,7%, la più bassa dell'Unione e soprattutto il Paese registra un costo del lavoro unitario che, posto come 100 quello della Germania nel 1999, nel 2009 passa a 109 punti, rispetto ai 121 della media Ue, ai 131 dell'Italia e ai 139 della Grecia.
«Il miracolo austriaco non ha segreti particolari - minimizza in perfetto stile viennese Stefan Bruckbauer, economista di Bank Austria che ha gli uffici proprio vicino all'Università di giurisprudenza accanto all'anello del Ring -. Ciò che è importante per l'Austria è la crescita della vicina Germania che corre al 3,5%, avere un settore industriale stabile, bassi costi unitari del lavoro (al secondo posto dopo Berlino). Inoltre le famiglie hanno sì ridotto il tasso di risparmio ma hanno anche stabilizzato i consumi».
«L'export austriaco - spiegano allo Statistik Austria, l'ufficio federale di statistica - si è impennato del 16,5% nel 2010 rispetto al 2009, la cui quota maggiore pari al 5,6% di incremento spetta alla Germania che in più fa la parte del leone con il 32% di quota di prodotti Made in Austria». È come se l'ex area del marco (Olanda, Austria, Paesi dell'Est) fosse rifiorita al traino della locomotiva tedesca. «Il segreto dell'export austriaco – dice Renè Siegl, amministratore delegato di ABA, la società pubblica che promuove gli investimenti stranieri in Austria - sono prodotti di alta qualità a prezzi competitivi. L'euro è un vantaggio poiché i partner commerciali non hanno più la possibilità di deprezzare la propria valuta».
Oltre al fattore Germania (comune ad altri Paesi) si associa il fattore Est Europa che è una peculiarità austriaca: la fortuna dell'Austria è proprio il ruolo di headquarter rispetto alle attività all'Est.
Per questo Vienna è un cantiere aperto e la Kartner Strasse, l'asse che congiunge piazza Santo Stefano all'Opera, sta cambiando volto con nuovi negozi e grandi magazzini in rifacimento. Anche la storica sede del ministero delle Finanze a Himmelpfortgasse, l'ex Palazzo d'Inverno del principe Eugenio, è in profonda ristrutturazione. Lavori che non hanno impedito di mantenere una bassa imposta sul reddito d'impresa, un'aliquota competitiva con i vicini paesi dell'Est Europa. Uno dei punti di forza dell'Austria Felix è rappresentato proprio dal suo sistema fiscale molto attraente per le imprese. Gli utili vengono tassati con un' aliquota d'imposta del 25% - in questo modo l'Austria risponde alla concorrenza delle flat tax al 19% dei nuovi stati membri dell'Ue. Senza contare che l'imposta sulle attività produttive o l'imposta patrimoniale qui non esistono affatto.
Anche le spese per Ricerca e sviluppo sono esentasse ed ecco spiegato perché quest'anno sono previste crescere fino al 2,79% del Pil.
Al ministero delle Finanze da pochi mesi diretto da Maria Fekter dell'Ovp, il partito popolare al governo con i socialdemocratici, guardano con moderato ottimismo al futuro. Un rapido sguardo al bilancio di sacrifici 2011 (che ha consentito alla Grosse Koalition di mantenere la tripla A ai bond austriaci) si può constatare che le uscite sono pari a 70,162 miliardi di euro mentre le entrate sono pari 62,540 miliardi con un deficit di 7,622 miliardi.
Ciò che interessa sottolineare è come dopo l'ultima legge di bilancio che prevede tagli della spesa pubblica per circa 1,4 miliardi di euro e maggiori entrate per 1,2 miliardi, il fisco viennese ha spostato il peso dei tributi dal lavoro ai consumi poiché preleva 21,6 miliardi dai salari contro i 23,6 miliardi dall'Iva e appena 4,5 miliardi dalle imprese.
Il prelievo quindi oggi pesa più sui consumi che sul lavoro (ecco spiegata parte della maggiore competitività austriaca) e ancor meno sull'attività produttiva delle imprese. Un'impostazione che trova seguaci anche in Italia ma con minor fortuna.
Il settore bancario è tornato in forma dopo la crisi del 2008 grazie a una rete invidiabile di filiali nell'Est Europa di Bank Austria UniCredigroup, Rzb, Raiffeisen Zentralbank Österreich ed Erste Bank; a un segreto bancario inossidabile oltre che alle stiftung (fondazioni del tipo di quelle usate in Liechtenstein): il totale delle somme depositate in banche austriache nel 2008 era pari a 187 miliardi di euro. A cui si somma il settore strategico dei mutual funds che in Austria vale, secondo la Vöig, l'Associazione di categoria, ben 163,75 miliardi di euro nel 2008 con 2.364 investment funds austriaci attivi e ben 4.962 fondi di investimento stranieri presenti sul suo ricco mercato.
Tutto sotto lo sguardo vigile del governatore centrale Ewald Nowotny che ha preso il posto di Klaus Liebscher, membro della prima ora del consiglio Bce.
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Quarta di una serie di puntate
Le precedenti su Svizzera, Svezia e Olanda sono state pubblicate il 3, il 10 e il 17 luglio

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