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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2011 alle ore 17:53.

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Il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino (Ansa)Il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino (Ansa)

Via libera della commissione Cultura della Camera, in sede legislativa, alla riforma dell'ordine dei giornalisti. La proposta di modifica ha ottenuto il sì di tutti i componenti con l'eccezione del deputato Pdl Renato Farina che si è astenuto. Il testo passa ora al Senato. Soddisfatto il relatore del provvedimento, Giancarlo Mazzucca «per questo voto bipartisan che rende più efficiente e snello il consiglio nazionale dell'ordine e fissa regole più chiare per l'accesso alla professione. È solo un primo passo ma è importante che sia stato compiuto in modo cosi corale».

Renato Farina, ex vicedirettore di Libero, radiato dall'Ordine dei giornalisti in accoglimento della richiesta avanzata dal Procuratore generale della Repubblica di Milano (per avere collaborato con il Sismi, ricevendone compensi) e poi riammesso dalla Corte suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, argomenta la sua decisione. «Lo ritengo una struttura obsoleta», dice Farina che aggiunge: «per me è solo una struttura di controllo del pensiero». Il deputato Pdl pensa a un modello come quello francese «dove esiste la Carta del giornalista, che viene assegnata solo dopo un controllo sulla professionalità, se stai lavorando o no in un giornale».

Il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, considera positivi soprattutto alcuni aspetti: «L'introduzione di un numero massimo dei membri del Consiglio (fissato in 90 contro gli attuali 150 in progressiva crescita dati gli automatismi attualmente vigenti) e la previsione che i giornalisti professionisti debbano avere almeno una laurea triennale». Bene pure l'introduzione per gli aspiranti pubblicisti di un esame di cultura generale che attesti anche la conoscenza dei principi di deontologia professionale. Resta però, precisa Iacopino, «qualche amarezza». Tra le prime «il fatto che siano state cancellate dalla proposta la commissione deontologica nazionale e il giurì per la correttezza dell'informazione».

Un altro nodo importante rimasto in sospeso è quello relativo alla rappresentatività dei pubblicisti. Oggi di fatto il consiglio nazionale è composto per metà da giornalisti professionisti e per l'altra metà da pubblicisti. Una ripartizione che non riproduce la realtà. L'idea sarebbe quella di una distribuzione diversa (2 a 1) tra professionisti e pubblicisti. Sulla questione dei criteri di rappresentanza Enzo Iacopino ricorda l'impegno formale assunto dalla presidente della commissione, Valentina Aprea e dal relatore, Giancarlo Mazzuca, di rappresentare tale esigenza alla competente commissione del Senato.

Resta fuori dalla riforma il capitolo relativo ai canali di accesso alla professione, l'ipotesi più quotata era quella della riduzione a un unico canale: le scuole.

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