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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2011 alle ore 07:55.

Gli Stati Uniti paralizzati. Sembra un ossimoro, essendo questo un Paese dinamico e vitale come pochi al mondo. Ma il suo sistema politico sta perdendo colpi. E l'America adesso rischia di fermarsi. Nel senso più stretto della parola. Emblematico è quello che sta succedendo con due delle più grandi realtà dei trasporti, la Federal Aviation Administration, o Faa, e la Metropolitan Transit Authority, o Mta.

La prima è l'agenzia federale che governa l'aviazione civile, equivalente del nostro Enav, la seconda è l'azienda dei trasporti pubblici di New York, la più grande d'America.
La Faa va avanti da quattro anni senza un bilancio. A tenerla in vita sono state finora 20 leggi-tampone. La ventunesima non ce l'ha fatta a passare al Congresso e dal 23 luglio 4mila dipendenti della Faa sono sospesi dal lavoro senza paga per mancanza di fondi. E poiché il Congresso è ormai chiuso per ferie la situazione non si sbloccherà almeno fino a settembre. «È dal 2007 che i nostri legislatori non riescono a trovare un accordo per approvare il bilancio. Un comportamento tanto incredibile quanto aberrante che da allora costringe la Faa a funzionare in continuo stato di emergenza», ha commentato Marion C. Blakey, attuale presidente dell'Associazione dell'industria aeronautica ed ex ammministratrice della Faa.

A bloccare un accordo sul bilancio dell'ente è uno scontro che include sia questioni di principio quali la sindacalizzazione del personale delle linee aeree (i democratici sostengono una formula che la facilita, i repubblicani ne preferiscono una che la ostacola) sia di interesse più spicciolo (i parlamentari della costa pacifica vorrebbero che l'aeroporto di Washington avesse più voli da/per i loro stati, mentre quelli del Maryland e della Virginia vogliono proteggere i loro elettori dal rumore che voli aggiuntivi provocherebbero). Per non parlare delle manovre di piccolo cabotaggio: i repubblicani della Camera chiedono di tagliare i sussidi federali ai piccoli aeroporti regionali di stati rappresentati al Senato da democratici, come il Nevada e il Montana.

Altrettanto complessa la situazione della Mta il cui chairman, Jay Walder, si è appena dimesso (vedi box). Dopo aver salvato la municipalizzata dei trasporti londinesi dalla bancarotta, Walder era stato presentato come l'unico manager in grado di salvare l'azienda newyorkese dal collasso. Invece a quattro anni dalla scadenza del contratto ha deciso di dimettersi ed emigrare a Hong Kong. Frustrato dal disinteresse della classe politica - del sindaco (repubblicano), del governatore (democratico) e del Congresso (sia repubblicano che democratico).

L'accordo sul debito di martedì non rappresenta un'inversione di questo trend. Al contrario, un Paese che ha sempre espresso la propria grandezza attraverso la pianificazione e la metodicità - dal Piano Marshall allo sbarco sulla Luna - ha superato la crisi con una soluzione che si limita a posticipare il redde rationem. Perché sui tagli non è stato trovato ancora il consenso. Si è semplicemente passata la patata bollente della scelta a un super-comitato di 12 parlamentari - sei per ogni partito - che avrà tempo fino al 24 novembre prossimo. Altrimenti scatteranno in automatico i colpi d'accetta al budget. Niente di meno metodico e pianificato.
Il motivo principale di questo immobilismo politico è dato dal cambiamento nella composizione del Congresso, che dopo decenni di omogeneità quasi eccessiva è irrimediabilmente diviso. E in quanto tale si sta dimostrando sempre più inadeguato.

Fino agli anni di Reagan il profilo politico di gran lunga più diffuso sia tra democratici che tra repubblicani era quello del moderato. Le divergenze politiche tra un partito e l'altro erano conseguentemente minime e il compromesso era la norma. Adesso la Camera è agitata da un folto gruppo di deputati eletti dal movimento del Tea Party e il partito repubblicano ha praticamente perso la propria componente moderata. Al suo posto sono stati eletti politici che rifiutano il compromesso per principio: 234 su 240 deputati repubblicani hanno firmato una dichiarazione in cui si impegnano a non aumentare le tasse «mai e per nessun motivo». Buona parte di loro è addirittura convinta che la propria mission sia quella di affamare lo Stato, cioè costringerlo al ridimensionamento privandolo di risorse. «È un atteggiamento teologico più che politico», osserva l'editorialista del New York Times Frank Bruni. «E la sua rigidità assolutistica preclude il compromesso, che a mio parere non è solo un segno di maturità ma l'unico modo per riuscire a governare».

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