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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2011 alle ore 19:17.

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Benjamin NetanyahuBenjamin Netanyahu

Benjamin Netanyahu passerà un'estate meno tranquilla del solito. Non solo per i negoziati di pace quanto per la crisi economica e il malcontento scoppiato a luglio dopo un lungo inverno di borbottii per il carovita. Due giorni fa, il premier conservatore dichiara di essere disponibile a riprendere i negoziati di pace con i palestinesi basati sui confini del 1967 - argomento finora considerato tabù - a patto che l'Autorità palestinese rinunci a chiedere il riconoscimento di uno Stato all'Onu.

Da parte sua il presidente Abu Mazen dice che il suo partito potrebbe abbandonare la richiesta alle Nazioni Unite in cambio di considerare i confini del '67 e del ritorno dei rifugiati nel nuovo Stato. Netanyahu - il cui portavoce ha dovuto smentire stamane che Israele era pronta a dare asilo all'ex presidente egiziano Mubarak - non ha detto no.

Poi, come si sa, nel couscous mediorientale le buone intenzioni possono durare lo spazio di poche ore. Ed è così che oggi il ministro dell'Interno dà il suo via libera definitivo alla costruzione di 900 nuovi alloggi nel quartiere di Har Homa a Gerusalemme est ma precisa che «si tratta di un programma approvato due anni fa» e da Gaza da giorni partono razzi su Israele, conseguenza delle tensioni dei fondamentalisti di Hamas che hanno il potere nella Striscia, e il laico Al Fatah, guidato da Abu Mazen i cui poteri sono limitati alla Cisgiordania. Anche se poi i soliti retroscena locali - riportati dall'Ansa - sostengono che forse è tutta scena, i razzi colpiscono zone disabitate e insomma è escalation d'ordinaria amministrazione.

Gli indignati della crisi sfilano a Tel Aviv
A Tel Aviv intanto dilagano le proteste. Ai giovani attivisti che da tre settimane manifestano contro il carovita e i prezzi delle case, si aggiungono i tassisti, che protestano per l'aumento dei prezzi del carburante. Centinaia di auto bianche hanno bloccato il centro della città, prima di incolonnarsi lentamente verso l'Exhibition Centre, dove è previsto un raduno di protesta. Si allarga così l'ondata di proteste di un movimento apartitico e trasversale, a metà strada tra gli indignados spagnoli e la primavera araba, che ha coinvolto vasti settori della società. Dai medici alla comunità arabo-israeliana - ottenendo il sostegno della maggior parte dei municipi israeliani che la settimana scorsa ha indetto uno sciopero generale dei servizi in solidarietà con i dimostranti. Tende sono spuntate in diverse città del Paese e dopo il successo della manifestazione di sabato scorso, con 150mila dimostranti scesi in strada a Tel Aviv per chiedere riforme economiche radicali, gli organizzatori puntano a ripetere il successo, lanciando une appello per nuove massicce proteste durante il fine settimana.

Niente sciopero per gli agenti segreti
Manifestazioni vietate allo Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani: all'interno dell'agenzia, è circolata una direttiva che vieta ai dipendenti di prendere parte alle proteste in quanto dipendenti pubblici. La misura si è resa necessaria dopo che diversi agenti hanno chiesto l'autorizzazione a prendere parte alle dimostrazioni e alcuni sono stati visti mentre protestavano, «senza urlare o portare cartelli ma in modo ordinato» ha sottolineato una fonte anonima citata dal quotidiano Yedioth Ahronoth. Intanto, riferisce Haaretz, l'ondata di proteste varca i confini nazionali e approda negli Stati Uniti: un gruppo di artisti israeliani ha infatti portato le rivendicazioni degli indignati di Tel Aviv a Washington, manifestando di fronte alla Casa Bianca in «solidarietà con la lotta degli attivisti in Israele e per portarla all'attenzione dell'opinione pubblica americana».

Le celle scoppiano: libero capo di Hamas
C'è anche uno dei fondatori di Hamas, il movimento islamico radicale al potere nella Striscia di Gaza, fra i detenuti liberati oggi dalle carceri israeliane nell'ambito di un'ondata di rilasci autorizzati in leggero anticipo per fronteggiare il sovraffollamento nelle celle. Lo riferisce l'edizione online di Haaretz, citando fonti ufficiali dei servizi penitenziari. In totale il provvedimento riguarda 200 palestinesi (dei 5.400 circa reclusi nello Stato ebraico) e meno di 600 israeliani: condannati per reati vari e tutti vicini alla scadenza della pena detentiva. Il nome più noto è senz'altro quello dello sceicco Hassan Yusef, indicato fra i fondatori di Hamas, movimento nato nei Territori palestinesi da una costola dei Fratelli Musulmani egiziani in opposizione ai laici di Al Fatah. (A. Man.)

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