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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2011 alle ore 08:07.

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Disponibili a lavorare nei prossimi giorni, convinti che non si possa restare fermi fino a settembre. «Siamo consapevoli di doverci prendere la nostra responsabilità. Ma dall'altra parte il governo deve varare un disegno politico ed economico che ci faccia tornare a crescere. Questo onere spetta all'esecutivo». Emma Marcegaglia continua ad incalzare il governo: lo ha fatto nelle dichiarazioni durante la giornata, lo ha fatto al tavolo a Palazzo Chigi, leggendo come portavoce di tutte le 18 sigle (banche, sindacati, artigiani e commercianti) il documento comune: frasi come «la gravità del momento è tale da non permettere pause», «il consiglio dei ministri deve prendere decisioni rapide e sottoporle al parlamento senza soluzione di continuità», «non possiamo rimanere fermi e in balia dei mercati fino a settembre».

Basta leggere queste parole per dedurre come sia stato sotto le attese l'incontro tra le parti sociali e il governo, e come suoni inadeguato un patto per la crescita e la coesione sociale a settembre, visto l'andamento dei mercati di ieri. La sensazione è che non ci sia una pieana consapevolezza dell'urgenza. La presidente di Confindustria, insieme al numero uno dell'Abi, Giusepe Mussari, la settimana scorsa era stata la promotrice del comunicato congiunto per chiedere al governo «discontinuità e crescita», un appello che ha smosso le acque ed ha postato agli incontri di ieri con maggioranza e opposizione. Ma non è questo il cambio di passo che ci si attendeva. «Abbiamo detto al governo che sentiamo sulla pelle il senso dell'emergenza e dell'urgenza», ha detto la Marcegaglia, nella conferenza stampa, parlando a nome anche delle altre sigle, sottolienando che le proposte delle parti sociali sono state condivise dal governo. Per mettere a punto il documento, in prima mattinata c'è stato un incontro tra tutte le sigle nella foresteria di Confindustria; prima la Marcegaglia aveva visto il segretario del Pdl Angelino Alfano.

Nel comunicato congiunto del pomeriggio le parti sociali annunciano che di rivedranno la prossima settimana, «prendendo atto dell'immediata disponibilità del governo e delle opposizioni a confrontarsi sulla proposte presentate» e si avvierà un tavolo per modernizzare le relazioni sindacali. Spread sui titoli di Stato e cali di Borsa comportano un costo maggiore di finanziamento del debito pubblico ed un amento del costo del denaro. Ecco perchè al primo punto del documento c'è il pareggio di bilancio nel 2014, «condizione essenziale per il ritorno alla normalità nei mercati finanziari». Andrebbe bene, ha aggiunto la Marcegaglia nella conferenza stampa, mettere nella Costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio. E il fabbisogno zero da qui a fine anno non va realizzato bloccando le voci di spesa, perchè si scaricherebbero maggiori oneri sul 2012. Piuttosto, «bisogna incidere in modo strutturale sulla spesa pubblica». Ed ha sottolineato: «le misure chieste nel documento non hanno bisogno di finanziamenti». Privatizzazioni, liberalizzazioni, vendita del patrimonio pubblico, superando il patto di stabilità. E poi le infrastrutture: «se non andiamo avanti con le opere si richia di perdere 7 miliardi di fondi Ue». Mentre bisogna implementare la lotta all'evasione per ridurre la pressione fiscale su imprese e lavoro, incentivando la crescita dimensionale e la patrimonializzazione con sgravi fiscali. Serve anche avviare un piano per ridurre i pagamenti in ritardo della Pa, promessa del governo, rimasta sulla carta.

Continuare a lavorare quindi, con governo e con le opposizioni. Ci si aspettava probabilmente più concretezza anche da Pd, Udc, Idv, Fli e Api: hanno affrontato i singoli temi del documento delle parti sociali, convinti che però la discontinuità politica sia il vero modo per affrontare l'emergenza. Sulla mancanza di leadership era intervenuto l'altro ieri anche l'ad di Fiat, Sergio Marchionne. Interpellata, la Marcegaglia ha risposto: «Ognuno può pesare ciò che vuole, noi lavoriamo seriamente per il bene dell'Italia».
N. P.

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