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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 08:14.

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NAPOLI
Il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato le istanze di scarcerazione o – in subordine – di detenzione domiciliare avanzate dal collegio difensivo di Alfonso Papa. Le tesi degli avvocati Giuseppe D'Alise e Carlo Di Casola non hanno convinto i giudici: né la motivazione formale (difetto di notifica a uno dei legali, che proprio ieri, a sorpresa, ha ricevuto con due giorni di ritardo la raccomandata per la discussione del ricorso), né quella sostanziale, finalizzata a dimostrare che il deputato del Pdl, con la sospensione delle funzioni da magistrato decisa dal Csm e con le dimissioni dalle commissioni parlamentari di cui era componente, non avrebbe potuto reiterare il reato.
Una ricostruzione che i giudici hanno respinto, secondo le poche indiscrezioni trapelate, perché a Papa la Procura contesta reati commessi nella «qualità» e non nella «funzione» di deputato; in altre parole, Papa per l'accusa potrebbe continuare a reiterare i reati o inquinare le prove per il solo fatto di essere parlamentare, anche se si è dimesso dalle commissioni Giustizia e Antimafia. Una piccola vittoria, comunque, i legali del parlamentare l'hanno conseguita: condividendo l'analisi dei difensori, infatti, i giudici del Riesame hanno annullato la misura cautelare in relazione a due presunti episodi di concussione ai danni del direttore centrale delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, e dell'imprenditore Guglielmo Boschetti. Il Riesame ha inoltre riunito in un solo capo di imputazione le accuse di rivelazione di segreto e favoreggiamento nei confronti della commercialista Stefania Tucci e dell'imprenditore Alessandro Bondanini.
Dunque, Papa resta in carcere per sette capi di imputazione a fronte dei dieci riconosciuti in precedenza dal gip Luigi Giordano. In totale, la Procura della Repubblica invece ne contesta il doppio. Le motivazioni del Riesame saranno rese note tra qualche settimana mentre è prevista per quest'oggi la decisione dell'altro collegio chiamato a valutare la richiesta della pubblica accusa di inasprire la misura cautelare a carico di Luigi Bisignani dai domiciliari al carcere e, soprattutto, di riconoscere ai quattro indagati principali del fascicolo P4 – Papa, Bisignani, Enrico La Monica e Giuseppe Nuzzo – il reato di associazione per delinquere, escluso dal gip al momento di firmare le ordinanze di custodia.
A sostegno di questa impostazione accusatoria i pm hanno sottolineato, in particolare, l'anomalo utilizzo da parte degli indagati di schede telefoniche clonate, intestate cioè a ignari cittadini. Un escamotage utile a evitare intercettazioni e attività di controllo elettronico delle utenze, ma tale da configurare – hanno ribadito i pm nel corso della discussione di qualche settimana fa – un «network riservato e parallelo, appunto dedicato esclusivamente alle comunicazioni inerenti alla trattazione di affari illeciti e di attività criminose» con «modalità proprie delle più sofisticate e pericolose associazioni criminali». Appare invece probabile una nuova convocazione come persona informata sui fatti dell'imprenditore Marcello Fasolino dopo il dietrofront fatto l'altro ieri, attraverso un comunicato stampa, in merito ai contenuti del precedente verbale del 26 luglio scorso, nel quale riferiva ai pm Woodcock e Curcio di aver dato – lui ora precisa «prestato» – soldi a Papa fin dagli inizi del Duemila, quando cioè il deputato era vice capo di Gabinetto dell'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli. Peraltro, nel corso dell'interrogatorio davanti al gip, lo stesso Papa aveva espresso l'intenzione di denunciare Fasolino per calunnia.
Poco prima della pronuncia del Riesame, attraverso uno dei suoi legali, Giuseppe D'Alise, Papa si era detto «sereno» ribadendo la sua «fiducia nella magistratura». E sul coinvolgimento della moglie, Tiziana Rodà, iscritta nel registro degli indagati con l'accusa di concorso in concussione, il parlamentare aveva espresso il suo «dispiacere» aggiungendo che «non se l'aspettava».
«È una ulteriore conferma che l'impianto accusatorio rimane saldo e che non avevamo creato polveroni» ha commentato invece il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, riguardo al rigetto dell'istanza di scarcerazione del deputato. «Umanamente può dispiacere – ha concluso – ma dal punto dei vista professionale per noi è un passo in avanti».
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LA VICENDA

Le accuse e il no del Riesame
Alfonso Papa, magistrato in aspettativa e deputato del Popolo della libertà, è coinvolto nell'inchiesta sulla cosiddetta P4: lo scorso 20 luglio la Camera ha autorizzato l'arresto per l'accusa concussione, favoreggiamento e rivelazione di segreto di ufficio ipotizzate dalla Procura di Napoli
Il Tribunale del Riesame ieri ha detto no all'istanza di scarcerazione o, in subordine, agli arresti domiciliari chiesta dai legali di Papa. No del Riesame anche per quanto riguarda un presunto
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