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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 08:11.

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ROMA.
Silvio Berlusconi l'ha ripetuto tante volte in passato per allontanare dal Governo il peso di una manovra nazionale fatta solo di "lacrime e sangue". Ma ora che la crisi è davvero diventata "globale" e, da sole, non bastano più le misure del fondo europeo salva Stati decise il 21 luglio, le nuove mosse della Bce e forse neppure le decisioni di un prossimo G7 finanziario o G8, i Paesi più colpiti dalla speculazione come l'Italia sono chiamati a dimostrare agli altri partner e alle istituzioni finanziarie internazionali la loro buona volontà affrontando la situazione con decisioni drastiche e forse impopolari per ridurre il debito. Ora e non fra tre anni.
È per questo che il premier italiano ieri, dopo un vorticoso giro di telefonate (Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, José Luis Rodriguez Zapatero, Hermann Van Rompuy) e prima di parlare con il presidente americano, Barack Obama, ha sentito l'esigenza di trasferirsi da Palazzo Grazioli a Palazzo Chigi (da lui stesso ribattezzato scherzosamente "Palazzo Letta") per spiegare che la situazione ha imposto «un'accelerazione della manovra» e varare alcune misure di liberalizzazione. Lo stesso Berlusconi ha confermato di avere passato buona parte del pomeriggio al telefono con i suoi colleghi europei. Con il premier spagnolo Zapatero (che ha rassicurato i mercati solo con l'annuncio di elezioni anticipate) Berlusconi ha giudicato «poco comprensibili» i movimenti speculativi contro Italia e Spagna e ha concordato sulla necessità di applicare rapidamente gli accordi del 21 luglio sull'operatività del Fondo salva Stati (Efsf). Un tema, quest'ultimo, che è stato al centro dei colloqui del premier italiano anche con il cancelliere tedesco Merkel che dalla Vol Solda in Alto Adige, dove si trova in vacanza, è stata la più decisa a convincere Berlusconi sulla necessità di anticipare la manovra. Il presidente francese Sarkozy avrebbe rilanciato con Berlusconi l'idea degli eurobond come misura antispeculazione, idea avanzata per primo dal ministro italiano dell'Economia Giulio Tremonti. Con Sarkozy (la Francia ha la presidenza del G8 e del G20) e più tardi con il presidente americana Obama, Berlusconi ha discusso la possibilità che si possa tenere nei prossimi giorni, forse già prima di Ferragosto, una riunione dei ministri finanziari del G7 seguito, se si troverà un accordo, da un G8 a livello di capi di Stato e di Governo. E questo a riprova del fatto che se l'Europa è in grosse difficoltà anche gli Stati Uniti non sono esenti dall'effetto contagio e l'unica soluzione è trovare misure coordinate tra tutti per garantire la stabilità finanziaria globale.
Nessuno nega, ovviamente, che il problema sia nato dall'alto debito di alcuni Paesi dell'area Euro. Ma anche le soluzioni nazionali ed europee forse non bastano più. Per ridurre gli spread rispetto ai Bund tedeschi le misure possibili (tra di loro non alternative) sono infatti solo tre. Prima di tutto convincere i mercati con misure di carattere nazionale che esiste un piano credibile ed efficace di rientro dal debito. Si può anche spingere la Bce ad acquistare sul mercato secondario i titoli inveduti dei Paesi vittime della speculazione. È una misura, questa, rapida ma che comporta un'immissione di liquidità e un aumento della massa monetaria con tutti i rischi di innescare pericolosi meccanismi inflattivi. La Bce ha operato in tal senso a favore dell'Irlanda ma ha poi subordinato altri interventi a misure nazionali. La terza opzione riguarda la nuova operatività del Fondo salva Stati (Efsf) deciso dal Consiglio europeo del 21 luglio scorso. In pratica il fondo potrà comprare, nei limiti delle sue dotazioni, titoli invenduti ma senza immettere liquidità sul mercato non creerebbe inflazione. Il problema è che il Fondo, per diventare operativo, ha bisogno del via libera dei diciassette parlamenti dei Paesi dell'area Euro. E non sembra così scontato un disco verde tedesco.
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