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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2011 alle ore 08:12.

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MILANO
Un gruppo di affaristi che si muoveva disinvoltamente in tutta la Lombardia per accaparrarsi bonifiche e costruzioni. E, specularmente, politici che avrebbero saputo utilizzare a proprio vantaggio le loro ambizioni imprenditoriali. Gli elementi dell'inchiesta della procura di Monza, che vede al centro di un giro di tangenti l'ex presidente della provincia di Milano Filippo Penati, sono sostanzialmente questi due. All'orizzonte, intanto, si profila la sensazione che le indagini potrebbero andare oltre i semplici confini dell'ex area Falck di Sesto San Giovanni, a nord di Milano, coi suoi 1,3 milioni di metri quadrati di superficie da riqualificare.
La magistratura monzese sembra infatti ipotizzare che le mazzette, pagate dai costruttori a Penati per l'aggiudicazione degli appalti sulle aree sestesi, rappresentino una delle tante facce di un sistema collaudato di affari, che prevedeva denaro in cambio di favori o altri favori (come ad esempio consulenze o assunzioni). Tanto che, appunto, di questo si parla: di un "Sistema Sesto", che avrebbe agito per almeno un decennio. Ma che forse potrebbe non riguardare solo Sesto.
Ipotesi, ovviamente. Per ora i reati contestati a Penati, al suo ex braccio destro Giordano Vimercati, agli architetti Marco Magni e Renato Sarno, all'assessore sestese Pasqualino Di Leva – e agli stessi imprenditori Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini, che si dichiarano vittime di concussione e non responsabili di corruzione – sono tutti collocati territorialmente all'interno del Comune di Sesto San Giovanni. Ma non si esclude che lo sguardo possa ora allargarsi, e che le indagini possano andare oltre la semplice realtà periferica milanese. La domanda che ricorre in queste ore, non solo negli ambienti vicini alla procura di Monza ma anche in quelli politici della città di Milano, è se anche altre persone, ai tempi in cui esistevano i Democratici di sinistra, sapessero di quanto avveniva poco lontano dalla metropoli.
Questo sguardo più "allargato" sembra segnato soprattutto dalla vicenda della società Serravalle, altro filone dell'indagine della procura di Monza. Nel 2005 la provincia di Milano, presieduta da Penati, acquistò dal gruppo Gavio il 15% della holding stradale, pagandola 250 milioni e permettendo a Marcellino Gavio di incassare 179 milioni di plusvalenze. Risorse economiche che, stando alle ipotesi degli inquirenti, potrebbero essere in qualche modo collegate all'appoggio che lo stesso Gavio dette alla scalata fallita da parte di Unipol verso Bnl nel 2005.
Ma a far ipotizzare uno scenario più ampio non c'è solo il "caso Serravalle". Molti dei 20 indagati della vicenda vengono infatti da realtà più complesse, e ben più ampie della periferia milanese, sia per quanto riguarda il mondo politico che quello delle imprese. A partire da Penati, che è stato prima sindaco di Sesto San Giovanni per due mandati; poi, dal 2002 al 2004, segretario dei Ds milanesi; successivamente, fino al 2009, presidente della provincia di Milano; quindi, con le ultime elezioni regionali, vicepresidente del Consiglio della Lombardia, e, nello stesso periodo, capo della segreteria politica del segretario del Pd Pierluigi Bersani.
Negli ambienti dei Ds era ovviamente conosciuto anche Renato Vimercati, per molti anni uomo di fiducia di Penati (il sodalizio si sarebbe interrotto intorno al 2006), prima responsabile organizzativo dei Ds di Milano e poi capo di gabinetto della provincia mentre Penati era presidente. Anche l'architetto Sarno, trovato due giorni fa in possesso di 43mila euro in casa, era un uomo di fiducia di Penati, che nel 2005 diventò manager della holding Serravalle.
Poi ci sono gli imprenditori. Tanto per cominciare gli stessi nomi di Sarno e Magni, che secondo i Pm Walter Mapelli e Franca Macchia avrebbero fatto da intermediari per il pagamento delle tangenti (Sarno, si ipotizza, anche attraverso conti esteri), compaiono anche tra gli architetti che hanno lavorato qualche anno fa con i gruppi di Grossi e Zunino per la riqualificazione del quartiere Santa Giulia di Milano, su cui è stata aperta un'indagine per le mancate bonifiche, finita con un patteggiamento. Inoltre, sia nella vicenda dell'area Falck che in quella del Santa Giulia, compare anche un ingaggio al Consorzio cooperative costruzioni di Bologna, che a quanto pare era tra le imprese interessate ai lavori di Sesto. Infine, relativamente all'area Falck, compare anche il nome di Gavio, e in particolare quello del suo ad Bruno Binasco, indagato sia per la vendita di Serravalle alla provincia di Milano, sia per le presunte tangenti versate a Penati per l'aggiudicazione degli appalti (negli anni Novanta Binasco fu condannato per finanziamento illecito ai partiti nell'ambito delle inchieste di Mani pulite). Un gruppo, insomma, composto da Grossi, Zunino, Gavio e il Consorzio bolognese, che si ritrova casualmente in più vicende. E che forse era conosciuto anche fuori Milano.
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IL PERSONAGGIO

Filippo Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni
Dal 2000 ad oggi ha ricoperto gli incarichi di sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della provincia di Milano e presidente del Consiglio regionale della Lombardia. È stato anche a capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd. Penati è stato accusato da Di Caterina e Pasini di avere incassato tangenti per 2,5 milioni di euro in dieci anni. Nega ogni addebito e si è dimesso da vicepresidente del Consiglio regionale

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