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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2011 alle ore 08:11.

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NEW YORK. Dal nostro inviato
Dopo gli avvertimenti, è arrivata la decisione. Standard & Poor's, bocciando come inadeguato il recente piano di Casa Bianca e Congresso per ridurre il deficit e denunciando le disfunzioni della politica americana, ha declassato, nella notte di venerdì, il rating degli Stati Uniti. Ha ritirato cioè quel voto massimo di tripla A che il Paese manteneva dal 1941. E che ha fatto dei Treasuries l'investimento più sicuro al mondo e un pilastro del sistema finanziario ed economico internazionale, utilizzato dalle riserve valutarie di Paesi come la Cina e quale garanzia per migliaia di miliardi di dollari di operazioni condotte.
Il rating, nonostante proteste dell'ultima ora del Tesoro americano, è stato tagliato di un gradino, da AAA ad AA+, con un outlook negativo che, in caso di una continua risposta inadeguata di Washington alla sfida dei conti pubblici, potrebbe lasciar spazio ad altri declassamenti e rende improbabile nuove rapide promozioni.
«Il declassamento riflette la nostra opinione che il consolidamento concordato da Congresso e amministrazione sia meno di ciò che sarebbe necessario per stabilizzare la dinamica del debito del Governo nel medio termine», ha scritto S&P's, che aveva messo sotto osservazione il rating in aprile e minacciato un downgrade già a metà luglio. Washington ha orchestrato un piano di riduzioni del deficit da 2.100-2.400 miliardi nell'arco di dieci anni, S&P's aveva chiesto 4mila miliardi. L'agenzia ha anche messo sotto accusa esplicitamente la politica statunitense. La protratta battaglia tra democratici e repubblicani su debito e deficit, conclusa in extremis con un compromesso che ha evitato un default, ha spinto la società a denunciare disfunzioni nella capitale dell'ultima superpotenza: «L'efficacia, la stabilità e la prevedibilità» del processo di policy making appaiono diminuite proprio mentre le sfide economiche e fiscali aumentano.
La decisione è scattata al termine di una giornata ad alta tensione, caratterizzata da continui contatti e polemiche dietro le quinte tra S&P's e Tesoro. Al centro della battaglia: la scoperta di un errore nei conti sul debito statunitense che lo esagerava di 2mila miliardi di dollari. Un portavoce del Tesoro, che ha preferito l'anonimato, ha reagito con stizza: «Un errore che parla da solo», ha detto. La ricostruzione dei retroscena ha svelato che la società aveva inviato a Washington, come da prassi, la prima nota sul declassamento verso l'una di pomeriggio di venerdì. Ma l'esame da parte dei funzionari americani ha rilevato l'imprecisione multimiliardaria. Immediata la comunicazione a S&P's, che ha ritardato di ore un annuncio ufficiale. Dopo aver considerato le nuove cifre, però, nella notte S&P's ha fatto scattare ugualmente il taglio del rating. E ieri mattina ha precisato che la correzione chiesta dal Tesoro, risultato di diverse previsioni di spesa, non bastava ad alterare il giudizio: «In dieci anni il livello generale del debito sarebbe di 20.100 miliardi (l'85% del Pil nel 2021), anziché di 22.100 miliardi (93% del Pil nel 2021)». Con AA+ gli Stati Uniti hanno ora un voto inferiore a quello di oltre una dozzina di Paesi, tra i quali il Liechtenstein, e alla pari con Nuova Zelanda e Belgio.
La portata di quanto avvenuto emerge anche dalla lunga storia della solidità finanziaria americana: la prima vera garanzia sul debito viene fatta risalire al 1790, quando Alexander Hamilton, il primo segretario al Tesoro, si battè affinché il Governo federale assumesse gli oneri degli stati americani che si erano indebitati durante la guerra rivoluzionaria. Oggi, a distanza di due secoli, i Treasuries sono una linfa vitale del sistema finanziario, il cui declassamento apre scenari incerti. Il 46% dei Treasuries è in mano a investitori stranieri, con Pechino al primo posto con oltre mille miliardi. Quattromila miliardi in titoli del Tesoro sono utilizzati come garanzia per operazioni da banche come trader di derivati. Fondi comuni del mercato monetario hanno in portafoglio titoli per 1.300 miliardi legati ai bond americani.

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