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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2011 alle ore 06:39.

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Si chiude a un anno esatto dai primi arresti l'inchiesta della Procura di Roma sulla P3, la presunta associazione segreta che avrebbe fatto capo all'affarista Flavio Carboni, al coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, e al senatore Marcello Dell'Utri. L'avviso di chiusura degli accertamenti da parte del procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e del pm Rodolfo Sabelli è stato notificato ieri a venti indagati. Atto che prelude alle richieste di rinvio a giudizio che arriveranno a fine settembre.

Oltre a Carboni, Dell'Utri e Verdini, rischiano, tra gli altri, l'ex sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino, il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, l'ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, il parlamentare del Pdl, Massimo Parisi. Nella lista degli indagati non figura più, invece, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo.

L'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete è contestata anche all'ex giudice tributario Pasquale Lombardi, all'imprenditore campano Arcangelo Martino e ad altre nove persone, tra cui la compagna di Carboni, Antonella Pau, e l'ex responsabile dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Sardegna, Ignazio Farris. Secondo i pm, Verdini e Dell'Utri, insieme a Carboni, Martino e Lombardi, avrebbero «costituito, organizzato e diretto» un'associazione per delinquere diretta a compiere una serie indeterminata di «delitti di corruzione, abuso d'ufficio, illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata».

L'associazione, si legge nelle 12 pagine del provvedimento, intendeva «condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali». Accuse alle quali gli avvocati di Verdini, Franco Coppi e Marco Rocchi, replicano con stupore: «È surreale che il nostro assistito venga ritenuto tra i promotori dell'asserita associazione segreta. Tutti gli atti e le intercettazioni dimostrano esattamente il contrario».
Gli episodi contestati sono quelli già noti. C'è anzitutto la vicenda dell'eolico in Sardegna. Il gruppo, su input di Carboni, che aveva raccolto una cordata di imprenditori intenzionati a investire nell'isola, si attiva per ottenere la nomina di Farris alla direzione dell'Araps, l'ente che avrebbe dovuto gestire le licenze per gli impianti eolici. La contestazione di abuso d'ufficio mossa a Cappellacci (per il quale è caduta l'accusa di corruzione) si riferisce proprio alla nomina di Farris, deliberata «su istigazione di Carboni e Verdini, in concorso con Dell'Utri». Il secondo episodio è il tentativo, fallito, di influenzare la decisione della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul Lodo Alfano nell'ottobre del 2009. Ci sono poi gli interventi sull'ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, accusato di concorso in corruzione: avrebbe spostato, senza giustificato motivo, un'onerosa causa della Mondadori contro l'Erario dalla sezione tributaria alle sezioni unite della Cassazione e avrebbe anticipato la discussione del ricorso di Cosentino contro il provvedimento di arresto emesso dai pm di Napoli che lo accusano di collusione con la camorra. In cambio l'ex magistrato avrebbe chiesto un aiuto per ottenere un incarico di prestigio dopo la pensione.
Al gruppo sono contestati anche gli interventi sul Csm per indirizzare le nomine di magistrati a incarichi direttivi: è il caso della nomina di Alfonso Marra a presidente della Corte d'Appello di Milano. Poi, ancora, ci sono gli interventi sullo stesso Marra per fare riammettere alle ultime elezioni regionali la lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni, e il falso dossieraggio per screditare, attraverso false notizie su presunte frequentazioni di transessuali e legami con la criminalità organizzata, la candidatura del governatore della Campania, Stefano Caldoro. Vicenda per la quale Cosentino è accusato di concorso in diffamazione e violenza privata. C'è infine l'accusa di finanziamento illecito ai partiti mossa a Verdini e Parisi per gli 800mila euro ottenuti da imprenditori vicini a Carboni e dissumulati con la cessione delle loro quote della Nuova Toscana Editrice alla Società Toscana di Edizioni. Ma l'inchiesta P3 potrebbe non essere finita qui. I pm hanno ottenuto una proroga degli accertamenti fino a dicembre, perché sono emerse nuove notizie di reato su cui sono necessari approfondimenti.
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