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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2011 alle ore 08:03.

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ROMA. È il ruolo dell'attuale governatore della Banca d'Italia (e dal prossimo novembre nuovo presidente della Bce) Mario Draghi che sta emergendo come crocevia essenziale tra i Palazzi del potere italiano e le istituzioni europee nel momento in cui il Governo si appresta, forse già oggi, ad approvare l'anticipo della manovra per il contenimento del debito e lo stimolo alla crescita. Se ne è avuta l'ennesima conferma ieri con il Governatore a consulto per un'ora a Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi prima che quest'ultimo salisse al Colle per incontrare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, insieme al ministro Giulio Tremonti e al sottosegretario Gianni Letta.

Ma il 'grand commis' tecnico con un piede a Roma e l'altro quasi a Francoforte al servizio delle istituzioni rischia di trovarsi nel mezzo dello scontro politico che si gioca sulle misure chieste dalla Bce al nostro Paese. Nel Pdl c'è, infatti, chi segnala come Berlusconi sia usando Draghi per contenere il «potere di Tremonti» il quale guarda con una certa diffidenza il filo diretto tra il Governatore e Palazzo Chigi. Ma il vero asse che si è andato progressivamente consolidando nelle ultime settimane di crisi è quello tra Draghi e il presidente della Repubblica («Ormai è al Colle che c'è il vero presidente del Consiglio» afferma uno stretto collaboratore di Berlusconi). Un rapporto misurato e discreto ma dai connotati operativi che ha costretto lo stesso Berlusconi e il Governo ad accelerare le decisioni sulla manovra. Rapporto anche questo messo sotto la lente da Tremonti che ieri in Parlamento ha lasciato intendere come la lettera della Bce al Governo italiano fatta filtrare alcuni giorni fa (da Francoforte? Da Palazzo Koch?) contenesse, tra l'altro, misure prudentemente 'censurate' come la riduzione degli stipendi pubblici.

Ma se con il Colle c'è una sostanziale identità di visione e anche di linguaggio, quando si tratta del dialogo del premier con Bruxelles e Francoforte Draghi è costretto a una vera 'gimkana' tra proposte sempre nuove e alternative tra di loro dettate essenzialmente dall'esigenza di non perdere consenso nel proprio elettorato. Se l'impianto del decreto è già scritto nero su bianco le variabili sono infatti molte e fino all'ultimo soggette a correzioni. L'idea è quella di portare il provvedimento a un Consiglio dei ministri già questa sera o al più tardi domani ma sempre a mercati chiusi. E, soprattutto, prima dell'incontro di martedì prossimo tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel, perché i due leader, in caso di una mancata approvazione della manovra, potrebbero reiterare l'invito all'Italia a fare quanto chiesto dalla Bce. La politica sa di dover fare presto. Le commissioni di Camera e Senato sarebbero pronte a lavorare già dopo Ferragosto e il Parlamento potrebbe aprire con una settimana di anticipo, il 30 agosto.

Quanto al merito del decreto, la parte essenziale ruoterebbe intorno a un contributo straordinario (o Eurotassa) nella forma di un'addizionale Irpef sui redditi superiori ai 75mila Euro (quelli, cioè, cui si applica l'aliquota del 43%) oppure di 'una tantum' del 5% sui redditi compresi tra i 90mila e i 150mila euro e del 10% sui redditi superiori ai 150mila. Resta in ballo l'anticipo a quest'anno della nuova imposta Imu (Ici e Irpef sulla seconda casa) ma c'è chi all'Economia vorrebbe proporre l'Ici sulla prima casa, ma Berlusconi resiste perché sarebbe la sconfessione dell'imposta soppressa nel 2008 e che contribuì notevolmente alla vittoria elettorale contro le sinistre. Semmai, avrebbe proposto il Cavaliere, meglio aumentare di 2 o 3 punti l'Iva, ma i tecnici del ministero dell'Economia ritengono l'ipotesi non praticabile. C'è poi da stabilire come la manovra impatterà sulle pensioni, in particolare se si arriverà all'abolizione delle pensioni di anzianità nel 2015 oppure si applicherà lo 'scalone' Maroni (in pensione a 63 anni nel 2012). Sull'aumento della tassa per i capital gain dal 12,50 al 20% Berlusconi è molto scettico. «Avrebbe solo un effetto depressivo in una Borsa come quella di questi giorni - avrebbe confidato a un suo collaboratore - non porterebbe alcun risultato finanziario e incuterebbe solo paura, non ne abbiamo proprio bisogno».

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