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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2011 alle ore 06:38.
N elle case, in pieno inverno, la temperatura non poteva superare i venti gradi e in molti dovettero tirar fuori dalle cantine la bicicletta per usarla almeno un giorno a settimana. La domenica da Milano a Napoli le strade italiane si svuotarono di Cinquecento per lasciare scivolare le due ruote. Comincia in questo modo l'austerity, figlia dello shock petrolifero. Il greggio schizza alle stelle e l'economia occidentale rischia il collasso. Tagli, tagli, tagli. Si sforbicia ovunque, si arriva a mettere mano persino al calendario.
Così, se diventasse operativa, la stretta annunciata dal ministro Tremonti sulle festività non sarebbe la prima. Era infatti il 1977 quando il governo di Giulio Andreotti faceva saltare sette festività, a cominciare dall'Epifania che tornò a essere segnata in rosso solo dieci anni dopo: Bettino Craxi ripristinò la festa, in attuazione dell'intesa firmata con la Santa Sede per il rinnovo dei Patti lateranensi. Ma con l'Epifania - fu una legge del marzo 1977 promulgata da Giovanni Leone a stabilirlo - saltarono anche San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini e Ss. Pietro e Paolo. Mentre vennero fatte slittare alla prima domenica di giugno e alla prima di novembre la celebrazione della Festa della Repubblica e dell'Unità Nazionale.
Trentaquattro anni dopo la crisi fa tornare nel mirino le festività, anche se non quelle religiose. Fatti i calcoli a rischio sono dunque il 25 aprile, il primo maggio e 2 giugno che verrebbero accorpate alla domenica. L'annuncio ieri durante l'audizione di Tremonti in Parlamento. L'obiettivo, in attesa di capire meglio la declinazione della misura, è evidentemente ridurre i costi, con il pagamento di tre festivi in meno (per Stato e privati), e aumentare i giorni lavorati. Passaggio quest'ultimo importante al fine dei calcoli Istat sulla produzione.
L'intervento però potrebbe non essere indolore, le tre date infatti sono tre ricorrenze politicamente e sindacalmente "sensibili". Basti ricordare le polemiche innescate quest'anno dalla decisione dei sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di tenere aperti i negozi durante la Festa dei lavoratori. Allo stesso tempo quello che si guadagna con l'incremento della produttività potrebbe essere parzialmente ridimensionato dalle perdite del turismo, tanto che la Fiavet-Confcommercio si è già apprestata a dare un «giudizio chiaramente negativo».
Torniamo infatti a dare un'occhiata al calendario. Dunque, nel 2012 il 25 aprile cadrà di mercoledì e, nel caso in cui la festività venisse soppressa, la Festa della Liberazione potrebbe essere celebrata l'ultima domenica del mese (il 29 aprile), a ridosso del 1° maggio (martedì) che a questo punto scivolerebbe a domenica 6. Manifestazioni, celebrazioni e «concertone» potrebbero essere tutti rinviati di cinque giorni: il ponte dei turisti primaverili andrebbe in fumo. Stessa sorte per il 2 giugno. Il prossimo anno la Festa della Repubblica cadrà di sabato. Escludendo chi già per calendario non lavora o non va a scuola di sabato, per gli altri non sarebbe previsto nessuno stop. Le celebrazioni per la Festa della Repubblica slitterebbero così al giorno dopo, domenica 3 giugno.
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