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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2011 alle ore 08:10.
«Abbiamo fatto un buon lavoro, sette giorni intensi di lavoro, giorno e notte. Si tratta di misure apprezzate dall'Europa e che anche gli italiani, quando le conosceranno, approveranno».
Silvio Berlusconi lascia Roma alla volta della Sardegna dopo un pranzo con il ministro dell'Economia e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, pranzo condito anche da storielle e barzellette, e racconta ai giornalisti che lo attendono davanti a Palazzo Chigi di un clima buono tra lui e il ministro: «Io e Tremonti arriveremo al 2013».
Certo, ammette il premier, qualche «contrapposizione» c'è stata, con Tremonti e anche con gli altri ministri, «ma alla fine è venuta fuori la capacità di un gruppo». All'indomani del varo della manovra che gli ha fatto «grondare sangue», il premier appare dunque soddisfatto. L'Europa apprezza (nella giornata di ieri Berlusconi ha sentito al telefono la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy), e in Parlamento non dovrebbero esserci grandi scossoni. «Certo, tutti gli atti di un governo di coalizione risentono del fatto che si deve arrivare a un compromesso tra quelli che sono i "must" di ciascun partito che forma la coalizione. E quindi è chiaro che ciascuno di noi ha dovuto accettare le posizioni dell'altro: chi sulle pensioni, chi sulla patrimoniale».
Già, la patrimoniale. È soprattutto la tassazione dei redditi a far «grondare sangue» al premier. Che al di là delle dichiarazioni ufficiali non sembra aver abbandonato del tutto l'ipotesi di ottenere maggiori entrate dall'aumento di un punto dell'Iva in alternativa al contributo di solidarietà. Aumento dell'Iva che per ora, nel testo del decreto pubblicato ieri sera in Gazzetta ufficiale, è solo una formula di salvaguardia nel caso in cui non dovesse esserci la riforma del fisco e dell'assistenza sociale entro il 30 settembre 2012. Ne è prova l'iniziativa presa da alcuni suoi fedelissimi del Pdl, che annunciano emendamenti in Aula a una manovra correttiva giudicata «insoddisfacente». I parlamentari azzurri scontenti sono Guido Crosetto, Antonio Martino, Isabella Bertolini, Giorgio Stracquadanio, Giuseppe Moles, Giancarlo Mazzucca, Santo Versace, Alessio Bonciani e Deborah Bergamini. «Il decreto legge presentato dal Governo è poco convincente per due ragioni fondamentali: non affronta seriamente i problemi strutturali che hanno portato la spesa pubblica al 52% del Pil e il debito pubblico a dimensioni insostenibili – spiegano i nove in una nota congiunta – e aumenta le tasse sul reddito già troppo elevate».
Da una parte il tentativo di smorzare la patrimoniale attraverso l'aumento dell'Iva con gli emendamenti che saranno presentati dai "frondisti" azzurri, dall'altra l'accoglimento delle proposte che verranno dall'Udc di Pier Ferdinando Casini. L'obiettivo è tornare a far gravitare i centristi nell'orbita della maggioranza di governo, e i contatti in questo senso sono stati confermati ieri dallo stesso premier. Lo fa capire anche Casini, che dopo aver dato a caldo un primo giudizio molto duro sulla manovra («solo tasse») riconosce la necessità delle misure e attenua il giudizio. «Sono state recepite alcune nostre indicazioni come la tassazione delle rendite finanziarie, tagli alle Province e accorpamento dei piccoli Comuni».
Malumori verso una manovra giudicata troppo dura per gli enti locali anche all'interno della Lega, tanto che Roberto Calderoli è costretto a richiamare tutti all'ordine: «Chi fa dei distinguo dalla linea del movimento, linea dettata da Bossi, si mette da solo fuori linea. Mi riferisco al partito ma anche al Governo, anche ai ministri». Nel mirino l'intraprendente sindaco di Verona Flavio Tosi, che in un'intervista al Corriere della sera dà voce ai maldipancia della base contro la manovra: «Quei tagli sa farli anche un bimbo». Indicato da tempo nell'orbita del ministro Roberto Maroni, il primo cittadino veronese si è lasciato andare a dichiarazioni non ortodosse criticando «una manovra fatta male» che «è incapace di tagliare gli sprechi così come di rilanciare l'economia». La sua voce suona isolata in queste ore, ma nel partito molti amministratori locali, delusi per misure che dissanguano le casse dei loro enti, la pensano come lui.