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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2011 alle ore 21:24.

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Caporalato, arriva il reato (articolo 12). Giro di vite per contrastare il lavoro irregolare. Chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, verrà punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da mille a 2mila euro per ciascun lavoratore reclutato. La norma specifica poi cosa debba intendersi per "sfruttamento". Sono indicati più "indici presuntivi". Tra questi: la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti. Costituisce invece aggravante specifica (con l'aumento della pena da un terzo alla metà): il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. In più: l'eventuale condanna per il reato di caporalato (o riduzione in schiavitù, ma solo se lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative) comporta anche pene accessorie: l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. E soprattutto: l'esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, e dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento. Pene più pesanti per i recidivi.

Chiusura enti pubblici (articolo 1, comma 31). Si prevede che gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità, con esclusione degli ordini professionali e loro federazioni, delle federazioni sportive, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni, e delle Autorità portuali e degli enti parco, sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le funzioni esercitate da ciascun ente soppresso sono attribuite all'amministrazione vigilante o, nel caso di pluralità di amministrazioni vigilanti, a quella titolare delle maggiori competenze nella materia che ne è oggetto. L'amministrazione così individuata succede a titolo universale all'ente soppresso, in ogni rapporto, anche controverso, e ne acquisisce le risorse finanziarie, strumentali e di personale. I rapporti di lavoro a tempo determinato, alla prima scadenza successiva alla soppressione dell'ente, non possono essere rinnovati o prorogati. Con Dpcm, su proposta del Tesoro, le funzioni commissariali di gestioni liquidatorie di enti pubblici o stati passivi, riferiti anche a enti locali, possono essere attribuite a società interamente posseduta dallo Stato.

Clausola di salvaguardia (articolo 2, comma 36). Per blindare gli effetti di questa seconda manovra correttiva, si stabilische che tutte le maggiori entrate derivanti dal presente decreto siano riservate all'Erario, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalità della situazione economica internazionale.

Cnel (articolo 17). In arrivo una riorganizzazione dell'istituto guidato da Antonio Marzano. Il numero di esperti e rappresentanti delle categorie produttive chiamati a far parte del Cnel dovranno essere al massimo settanta, di cui quarantotto rappresentanti di vertice delle categorie produttive (scelti dal capo dello Stato). Gli esperti di chiara fama mondiale saranno 12 e dieci i rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato.

Collocamento obbligatorio (articolo 9). Si interviene sulla legge n. 68 del 1999 che detta norme per il diritto al lavoro dei disabili. La modifica prevede che i datori di lavoro privati che occupano personale in diverse unità produttive e i datori di lavoro privati di imprese che sono parte di un gruppo possono assumere in una unità produttiva o, ferme restando le aliquote d'obbligo di ciascuna impresa, in una impresa del gruppo avente sede in Italia, un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento mirato superiore a quello prescritto, portando in via automatica le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive o nelle altre imprese del gruppo aventi sede in Italia. I datori di lavoro privati che si avvalgono di questa facoltà trasmettono in via telematica a ciascuno dei servizi competenti delle province in cui insistono le unità produttive della stessa azienda e le sedi delle diverse imprese del gruppo il prospetto con le richieste di avviamento dal quale risulta l'adempimento dell'obbligo a livello nazionale sulla base dei dati riferiti a ciascuna unità produttiva ovvero a ciascuna impresa appartenente al gruppo. Si prevede infine che anche i datori di lavoro pubblici possano essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima Regione.

Commissione Istat sulle retribuzioni (articolo 1, comma 28). Prevista dalla manovra di luglio (con a capo il presidente dell'Istat) e finalizzata alla ricognizione delle retribuzioni delle cariche elettive pubbliche, dovrà ora essere integrata da un esperto designato dal Tesoro.

Contributo di solidarietà (articolo 2, commi 1 e 2). In considerazione dell'eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 2011 e fino al 2013, sul reddito complessivo di importo superiore a 90mila euro lordi annui, è dovuto un contributo di solidarietà del 5 per cento sulla parte eccedente il predetto importo fino a 150mila euro, nonchè del 10 per cento sulla parte eccedente 150mila euro. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo. Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi. Sarà un decreto del Tesoro (da emanare entro il 30 settembre) a dare attuazione pratica a questa norma. Si precisa poi che qualora dall'applicazione del contributo derivi un aggravio di prelievo superiore a quello che si determinerebbe applicando ai fini Irpef l'aliquota marginale del 48% , il contribuente possa optare per l'assolvimento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche così calcolata in luogo del contributo di solidarietà. Il predetto contributo non si applica alle retribuzioni o indennità dei parlamentari e dei membri degli altri organi costituzionali già oggetto di specifico "contributo di solidarietà".

Copertura finanziaria (articolo 19). Il decreto prevede anche maggiori spese per l'attuazione di alcune misure contenute nel provvedimento, che vengono calcolate complessivamente in 4,2 miliardi di euro per il 2012, 1,3 per il 2013 e per il 2014, 323 milioni per il 2015 e 16 milioni per il 2016, che aumentano in termini di indebitamento netto a 1,3 miliardi per l'anno 2013 e a 1,4 miliardi per il 2014. Alla copertura di questi importi, spiega il decreto, si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti sempre dall'attuazione del presente provvedimento.

Cura dimagrante per le regioni (articolo 14). Si prevede che le Regioni, anche a statuto speciale, ai fini della collocazione nella classe di enti territoriali più virtuosa, debbano provvedere anche a un nuovo "lifting" che dovrà far risparmiare l'Erario. In particolare, si stabilisce che il numero massimo dei consiglieri regionali, a esclusione del presidente della Giunta regionale, sia uguale o inferiore a 20 per le Regioni con popolazione fino a un milione di abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti; a 40 per le Regioni con popolazione fino a quattro milioni di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti; a 70 per le Regioni con popolazione fino ad otto milioni di abitanti; a 80 per le Regioni con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti. La riduzione del numero dei consiglieri regionali rispetto a quello attualmente previsto è adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e deve essere efficace dalla prima legislatura regionale successiva a quella della data di entrata in vigore del presente decreto. Le Regioni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano un numero di consiglieri regionali inferiore a quello previsto nella presente lettera, non possono aumentarne il numero. Si prevede poi che il numero massimo degli assessori regionali sia pari o inferiore a un quinto del numero dei componenti del Consiglio regionale, con arrotondamento all'unità superiore. Anche qui la riduzione va fatta entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto in commento. A decorrere poi dal 1° gennaio 2012 scatta una riduzione degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, previsti in favore dei consiglieri regionali entro il limite dell'indennità massima spettante ai membri del Parlamento, così come rideterminata dal presente decreto. Bisognerà inoltre prevedere che il trattamento economico dei consiglieri regionali sia commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio regionale e istituire, a decorrere dal 1° gennaio 2012, un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente. Scatta infine il passaggio, entro sei mesi e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali. Anche le Regioni a statuto speciale dovranno sfoltire le proprie province.

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