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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 08:09.

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ROMA. Chi l'ha vista, sostiene sia lunga una decina di centimetri. Si tratta dell'equazione che consente di stimare l'entrata una tantum per le casse della Germania, applicata a ogni euro esportato clandestinamente in Svizzera ed emerso fiscalmente per l'Erario tedesco in base alla nuova convenzione che i due Stati, alla ricerca di un trattato di 'pace fiscale', dovrebbero siglare entro settembre e che intanto hanno sottoscritto in via preliminare lo scorso 10 agosto. L'equazione in sostanza promette un incasso pari a 4 miliardi circa ogni 100 finora non dichiarati al Fisco e toccati da questo accordo. In aggiunta, le banche elvetiche, pur di dar prova di volere aprire i forzieri, anticiperanno allo Stato tedesco 2 miliardi di franchi svizzeri entro 30 giorni dalla stipula della convenzione ‐ circa 1,5 miliardi di euro ‐ «per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d'imposta» e soprattutto «dare corpo alla volontà di attuare la convenzione».

Se la stessa equazione dovesse essere applicata ai 130-230 miliardi di euro di capitali italiani che si stima si trovino in Svizzera e non siano dichiarati a tutt'oggi al Fisco, il Governo Berlusconi avrebbe a portata un'entrata una tantum straordinaria, tra i 5,2 e i 9,2 miliardi di euro (nell'ìpotesi ottimistica che i capitali stimati emergano integralmente), con un'anticipazione sicura che potrebbe oscillare attorno ai 2 miliardi versata direttamente dalla comunità bancaria svizzera. Il Governo inglese, attratto dalla famosa equazione, ha già avviato la stessa procedura con la Svizzera dalla quale conta di ottenere un introito una tantum pari a 1,5 miliardi. Austria e Grecia hanno manifestato pubblicamente il loro interesse per questa operazione.

Come hanno dimostrato gli scudi fiscali realizzati finora in Italia, quando si mette mano all'enorme patrimonio degli italiani detenuto all'estero e non dichiarato al Fisco, il tornaconto per le casse dello Stato è di sicuro rilievo. Un accordo a tutto tondo con la Svizzera, come quello che il Regno Unito e la Germania si apprestano a siglare, potrebbe risolvere infine la questione della ricorrente fuga dei capitali in Svizzera: una fuoriuscita di risorse finanziarie che ha preso il via con gli anni di piombo e che, stando a fonti bene informate, avrebbe ripreso vigore in queste ultimissime settimane, a causa dell'acuirsi della crisi del debito sovrano europeo e per timore di patrimoniali o altre misure draconiane adottate dal Governo per ridurre deficit e debito pubblico.

L'accordo fiscale tra Svizzera e Germania, però, lascia per il momento freddo il ministero dell'Economia. Fonti vicine al ministro Giulio Tremonti hanno ribadito che al momento «non ci sono aperture nei confronti svizzeri». Un incasso anche di soli 4 miliardi, pari a quello della Germania, non sembra gran cosa quando in ballo ci sono 130-230 miliardi. L'offerta svizzera, nota da tempo anche in Italia come 'piano Rubik', poggia su un perno che non è mai piaciuto a Tremonti: le banche elvetiche conservano il segreto bancario e quindi continuano a garantire l'anonimato ai clienti che lo richiedono. In cambio sono disposte a diventare sostituti d'imposta perché si impegnano ad applicare sui patrimoni una sorta di maxi-euroritenuta, salvo nei casi in cui il cliente dimostri di aver pagato le tasse in casa propria. «Questo nuovo accordo fiscale è un terzo pilastro che va oltre l'euroritenuta e oltre la convenzione contro la doppia imposizione aggiornata con lo standard Ocse - ha commentato l'avvocato svizzero Paolo Bernasconi e professore di diritto bancario -. È un accordo molto più ampio, più completo». La Germania per esempio ha previsto un ventaglio di aliquote da applicare come liberatoria (un tipo di scudo fiscale per sanare il passato), dal 19% al 34%, perché intende tener conto del tempo di detenzione del patrimonio in Svizzera e del reddito accumulato negli anni durante i quali non sono state pagate le imposte, ha spiegato Bernasconi. Dopo la liberatoria, scatta il regime per il futuro. Il 1° gennaio 2013, i tedeschi con patrimoni accumulati clandestinamente in Svizzera si troveranno di fronte a un bivio: dichiarare i capitali e pagare le tasse in Germania oppure mantenere l'anonimato accettando il prelievo alla fonte per persone fisiche e persone giuridiche applicato automaticamente dalle banche svizzere. Le banche elvetiche gestiranno patrimoni solo per conto di clienti che pagano le tasse. «La clientela che non accetta queste condizioni sarà costretta a trasferire i conti presso altre banche non elvetiche entro il primo gennaio 2013. Questa è la novità, si tratta di un accordo spartiacque. La Svizzera propone un pacchetto molto ampio dal quale ci sono pochissime eccezioni, perché sono state escluse solo le fondazioni e i trust non discrezionali e le polizze vita effettive», ha rimarcato Bernasconi.

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