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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 06:38.

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ROMA
La delega per la revisione della geografia giudiziaria potrebbe essere inserita nella manovra, come emendamento al ddl di conversione in legge del decreto. Il condizionale è più che d'obbligo, perché non c'è ancora la necessaria verifica tecnico-politica, ma l'idea sembra farsi strada in ambienti di governo, confortata dalla determinazione con cui il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma insiste sulla riforma, tanto impopolare quanto strategica per realizzare economie di scala, restituire efficienza all'apparato giudiziario, contribuire alla crescita del Paese. Il guardasigilli lo ha ribadito anche ieri: «Auspico - si legge in una nota stampa - che tutte le parti interessate, dall'Anm all'avvocatura, dai sindacati alle comunità locali, diano prova della loro alta sensibilità istituzionale verso il bene comune e la cura dell'interesse generale, abbandonando logiche localistiche non più sostenibili e collaborando fattivamente al progetto di revisione delle circoscrizioni giudiziarie al quale stiamo lavorando (forti degli studi già in fase avanzata delle articolazioni ministeriali). L'obiettivo finale - ha aggiunto - è quello di garantire gli ulteriori risparmi di spesa richiesti dalla nuova manovra finanziaria e l'efficienza del sistema giudiziario nel suo complesso, anche attraverso una sempre maggiore specializzazione dei giudici, realizzabile solo in uffici di medie dimensioni». Quanto basta ad aprire uno spiraglio per l'inserimento della riforma nella manovra.
Il taglio dei piccoli Tribunali, o il loro accorpamento a quelli più grandi, sarebbe una riforma - questa sì - epocale. Coerente, tra l'altro, con il taglio delle province. E con gli impegni presi dal Pdl in campagna elettorale, poiché la revisione della geografia giudiziaria compariva espressamente nel programma, a differenza della separazione delle carriere, a cui invece non si faceva cenno. Silvio Berlusconi ha poi fatto marcia indietro, preoccupato delle resistenze localistiche, che hanno sempre reso impopolare la riforma, con qualunque governo. Ma la crisi finanziaria impone un cambio di passo, e Nitto Palma lo sa. Il taglio dei Tribunali si impone come misura di rigore economico e, al tempo stesso, di crescita.
Lo ha ricordato ieri, dalle colonne del Corriere della sera, anche il vicepresidente del Csm Michele Vietti, meravigliandosi che la giustizia civile non sia nel pacchetto di misure per fronteggiare la crisi, visto che l'inefficienza di questo settore - si legge nell'ultima relazione di Bankitalia - ci costa l'1% del Pil, «all'incirca 22 miliardi di euro, quasi quanto metà manovra». Vietti ha perciò rivolto un appello alle forze politiche, ottenendo pieno appoggio dall'opposizione, Pd, Udc, Idv, Mpa. L'Anm è da tempo favorevole, mentre tra gli avvocati prevalgono le resistenze. Il ministro definisce «sagge» le parole di Vietti, ricorda quanto già fatto dal suo predecessore Alfano per rimettere in moto il civile e annuncia la nuova mossa. Ma nel centrodestra è silenzio: tombale quello della Lega mentre nel Pdl si alza solo la voce di Luigi Vitali, che «sottoscrive pienamente».
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