Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2011 alle ore 13:26.

GERUSALEMME - L’escalation ai confini meridionali di Israele diventa ogni ora che passa più pericolosa. Hamas, che “de facto” governa in maniera assolutistica Gaza dalla primavera del 2007, ha annunciato la fine del cessate il fuoco con Israele. La pioggia di razzi grad e qassam che in queste ore sta investendo in Negev è dunque destinata a farsi più fitta. Come si intensificheranno, inevitabilmente, i raid aerei israeliani sull’enclave palestinese, che proseguono da giovedì, giornata degli attentati multipli a Eilat. Attacchi opera di estremisti islamici palestinesi, giunti nel sud israeliano attraverso tunnel che da Gaza spuntano nel Sianai egiziano, che hanno fatto ripiombare Israele nell’incubo terrorismo. La popolazione di Gaza teme invece un replay di Piombo Fuso.
La crisi in corso si sviluppa in un contesto regionale dai connotati cambiati per effetto della “primavera araba”. L'Egitto ha deciso la scorsa notte di richiamare l'ambasciatore in Israele per protestare contro la morte di cinque suoi poliziotti alla frontiera con lo Stato ebraico, colpiti per errore dai soldati israeliani. «L'Egitto ha deciso di richiamare il suo ambasciatore in Israele fino alla presentazione di scuse ufficiali» da parte del governo israeliano, ha indicato la televisione egiziana. Il Cairo pretende le "scuse ufficiali" da Gerusalemme e la formazione di una commissione d'inchiesta congiunta, ma l'incidente alla frontiera rischia di aprire una crisi diplomatica tra i due vicini. E' la seconda volta che l'Egitto, primo paese arabo ad aver concluso un accordo di pace con Israele nel 1979, richiama il suo ambasciatore dallo Stato ebraico.
Il governo Netanyahu ha immediatamente reso nota l’intenzione di aprire un’indagine sulla morte dei militari egiziani nel Sinai, colpiti involontariamente. Amos Ghilad, dirigente del ministero della Difesa israeliano, ha definito i di pace fra Israele ed Egitto «un bene strategico, non solo per Israele ma per entrambi i Paesi». Ma ieri nella piazza del Cairo bruciava la bandiera con la stella di Davide. La lega Araba ha convocato una riunione per domani. In agenda la crisi Israele-Gaza.
La costruzione del muro che Israele sta innalzando presso il confine egiziano, di cui sono stati costruiti 45 chilometri su 250, sarà accelerata e completata entro il prossimo anno, anziché nel 2013. I confini dello Stato ebraico sono oggi esposti a 360 gradi rispetto al passato. Il sovrano hascemita di Giordania, altro paese che come l’Egitto ha firmato un trattato di pace con Israele, farà attenzione a tenere a bada una piazza che sotto la spinta delle rivolte arabe non si farà scrupoli a chiedere di rivedere le relazioni con il vicino israeliano. Gli incidenti al confine siriano e quello libanese del maggio scorso non sono stati che un’anteprima di ciò che potrebbe accadere nella seconda metà di settembre, quando il presidente palestinese Abbas chiederà all’Assemblea Generale dell’Onu, il riconoscimento dello Stato. Bashar al-Assad ha tutto l’interesse a spostare l’attenzione politica e mediatica altrove e gli alleati Hezbollah gli daranno una mano dal Paese dei Cedri. In questa estate già rovente la regione rischia di infiammarsi.
L’equazione prodotta dalla primavera araba lascia aperte troppe incognite.
©RIPRODUZIONE RISERVATA