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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2011 alle ore 16:46.

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Una casa della città di Beersheva colpita dai razzi GradUna casa della città di Beersheva colpita dai razzi Grad

GERUSALEMME - La fine della tregua con Israele dichiarata nelle prime ore di sabato da Hamas ha sortito i primi effetti. Oltre cento tra razzi grad e qassan sono piovuti in meno di 72 ore sul Negev. Uno degli ordigni ha centrato una casa di Beersheva sabato sera, provocando la morte di una donna e dei feriti gravi.

Da giovedì, giornata segnata dal clamoroso attentato a Eilat che ha ucciso otto israeliani e ne ha feriti almeno 33, non si fermano le incursioni aeree israeliane sulla Striscia di Gaza, che hanno provocato 14 morti, di cui nove miliziani e 47 feriti, tra cui un bambino.

L'effetto dell'entrata in scena di Hamas negli attacchi da Gaza su Israele si è immediatamente fatto sentire. Oltre al morto e ai feriti gravi, i danni sono stati significativi. I razzi lanciati da Hamas non sono evidentemente quelli che da giugno scorso sono atterrati prevalentemente in campi aperti. Centrano il bersaglio.

La Lega Araba, riunita d'urgenza su richiesta del Presidente palestinese Abbas, ha condannato oggi i raid israeliani a Gaza e l'uccisione dei soldati egiziani sul confine. La morte dei militari arabi, avvenuta in maniera involontaria per mano israeliana nel Siani egziano nelle ore successive alla convulsa giornata dell'attentato di giovedì, ha provocato una crisi con il Cairo che Israele e gli alleati americani stanno cercando in tutti i modi di arginare. Ai tempi di Mubarak il malcontento delle masse egiziane verso Israele veniva tenuto a bada. Oggi durante una manifestazione di protesta davanti all'ambasciata israeliana al Cairo un uomo è riuscito a strappare la bandiera con la stella di Davide per innalzare quella egiziana. La situazione ha portato al richiamo dell'ambasciatore del Cairo da Tel Aviv. Non è un fatto senza precedenti.

Quando è accaduto in passato però l'Egitto era guidato da colui che fu il vice di Sadat ai tempi della firma del trattato di pace con Israele, il che fa una certa differenza rispetto alla fase odierna in cui Mubarak è dietro le sbarre. L'ex segretario della Lega Araba Amr Moussa, papabile candidato alla presidenza in Egitto ha dichiarato, commentando l'uccisione delle guardie di frontiera: "Israele dovrebbe sapere che i tempi in cui i figli di questo paese potevano essere uccisi senza suscitare una risposta severa sono finiti per sempre". Il governo israeliano si è subito profuso in scuse per l'incidente, ma la risposta dal Cairo è stata: fare ammenda non è sufficiente.

Di fronte all'escalation in corso il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato nelle scorse ore di non volere una Piombo Fuso due a Gaza. Un'affermazione che mira più ad aprire spiragli con gli egiziani che a smorzare le tensioni con la Striscia.

All'alba di questa mattina le forze israeliane hanno arrestato decine di palestinesi, sostenitori o affiliati ad Hamas a Hebron, in Cisgiordania, dopo la rivendicazione da parte del movimento islamico dei lanci di razzi verso il territorio israeliano. Hamas ha tuttavia negato il coinvolgimento nell'attentato a Eilat.

Il commando in azione nel sud israeliano è arrivato nel Sinai dai tunnel che spuntano a Gaza. Era composto da una ventina di elementi ben più estremisti di Hamas, riuniti sotto l'ombrello dei Comitati di resistenza popolare, cui si affiancano jihadisti salafiti.

La dinamica dell'attentato ha messo sotto gli occhi di tutti un aspetto inquietante del dopo-Mubarak, ovvero che il Sinai, un deserto grande quasi due volte Israele dove passa la linea di confine a sud dello Stato ebraico, è diventato terra di nessuno. Il gruppo terroristico entrato in azione a Eilat ha operato agevolmente nel Sinai, senza essere visto o essendo ignorato, delle due, l'una, dai militari egiziani, pur schierati in forze nella zona.

Israele appare oggi indebolito rispetto ai tempi della guerra con Gaza a cavallo tra il 2009 e il 2010. L'attentato a Eilat ha evidenziato come l'attuale crisi si sviluppi in uno scenario regionale rinnovato. Da una parte per effetto dei cambiamenti intervenuti con la primavera araba, primo fra tutti l'uscita di scena di Mubarak, dall'altra, perché il fronte che fa capo a Teheran, gigante sciita che si contrappone al fronte sunnita capeggiato dai sauditi, ne esce rafforzato. Dietro gli attentati nel Sinai si intravede la longa manus non solo di al-Qaeda, ma della Repubblica degli Ayatollah, legata a doppio filo al siriano al-Assad e gli Hezbollah libanesi. Lo scenario attuale mette anche in evidenza l'indebolimento di Hamas a Gaza rispetto alle frange che guardano al jihad globale e non a un obiettivo nazionalistico, che provengono dall'ala più radicale dello stesso movimento nato come costola dei Fratelli Musulmani. Gruppi verso cui gli islamisti al potere a Gaza si sono illusi di poter operare una politica di contenimento.

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