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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 08:53.

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La manovra correttiva, varata il 13 agosto dal Consiglio dei ministri, inizia oggi al Senato il suo cammino parlamentare ancora nel segno delle divisioni e dei contrasti all'interno della maggioranza e dello stesso Pdl. L'attesa segreteria politica della Lega, riunita ieri in via Bellerio, a Milano, per discutere le possibili modifiche al decreto, ha confermato il no a ogni intervento sulle pensioni, irritando non poco gli alleati del Pdl, già alle prese con il confronto interno con i "frondisti", e lo stesso Silvio Berlusconi.

Come aveva assicurato Roberto Calderoli alla vigilia, il vertice leghista non avrebbe portato ad alcuna apertura sul fronte previdenziale e ieri se ne è avuta la definitiva conferma. Il Carroccio non cambia la sua posizione, peraltro, come aveva sottolineato ancora Calderoli, frutto di un accordo politico tra il premier e Umberto Bossi.

Quest'ultimo ha imposto una tregua interna, escludendo qualsiasi cedimento sulle pensioni in cambio di un alleggerimento ai tagli agli enti locali e dopo due ore di segreteria ha affidato proprio a Calderoli il compito di mettere nero su bianco in una nota «i correttivi che la Lega Nord intende presentare come proposte per la manovra». In primo luogo l'alt sulle pensioni: «Le norme relative alla previdenza contenute nel decreto legge 138 sono idonee e non suscettibili di modifica vista l'intesa raggiunta a riguardo tra l'on. Umberto Bossi e l'on. Silvio Berlusconi». Per la Lega vale dunque il testo approvato dal Cdm il 13 agosto. Al contrario, prosegue la nota, vi è «l'assoluta necessità di un ridimensionamento dell'intervento sulle autonomie locali». Terzo punto, «una proposta incisiva ed equa per sconfiggere la grande evasione fiscale e conseguentemente reperire risorse per lo sviluppo del Paese». È stata, per il momento, lasciata cadere l'idea del ministro per la Semplificazione di una «patrimoniale» sui beni di lusso.

Con il richiamo scritto alle pregresse intese fra Bossi e Berlusconi e il puntiglioso riferimento alle «norme relative alla previdenza contenute nel decreto legge 138», la Lega, invece di offrire qualche minimo segnale di apertura atteso dal Pdl, sembra avere voluto addirittura irrigidire ulteriormente la sua posizione, creando nuovi malumori nella maggioranza. Lo stesso Berlusconi, pur sfidandolo su un terreno «neutro», ieri sera con una nota ha preso le distanze da Bossi, che il giorno prima aveva espresso «dubbi» sulla tenuta del Paese e sostenuto che il futuro può solo essere la Padania: «Mi spiace, questa volta, di non essere d'accordo con il mio amico Umberto. Sono profondamente convinto che l'Italia c'è e ci sarà sempre».

Parole che nell'entourage di Berlusconi vengono lette come una risposta, su un terreno meno legato all'attualità, all'irrigidimento e al pressing leghista sulla manovra e sullo stesso premier. C'è comunque chi ipotizza anche un intervento informale del Colle e conseguenti sollecitazioni quirinalizie sul premier per arrivare a una doverosa presa di distanze su un tema molto caro a Giorgio Napolitano, proprio nell'anno del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia. Una nota, in ogni caso, insolita quanto diretta. E che non nasce a caldo, ma dopo una consultazione con lo stato maggiore del Pdl, a partire dal segretario Angelino Alfano, alle prese con le consultazioni e i tentativi di mediazione all'interno del Pdl. Oggi con i "frondisti" guidati da Antonio Martino e Guido Crosetto, che contestano duramente l'impostazione e la filosofia tremontiana della manovra. Domani con gli enti locali, sul piede di guerra per i tagli imposti dal provvedimento, per finire con il direttivo dei gruppi di Camera e Senato.

L'altolà a Bossi arriva inoltre nel giorno in cui il Terzo polo e, in particolare, Pier Ferdinando Casini, offrono una sponda a Berlusconi, invitandolo a non cedere ai ricatti del Carroccio, e assicurando che se il premier presenterà proposte serie, in Parlamento troverà sicuramente i voti.

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