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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2011 alle ore 08:06.

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La Grecia torna sugli scudi. Il primo ministro finlandese, Jyrki Katainen, ha annunciato a sorpresa che il suo Paese potrebbe ritirarsi dal programma di aiuti ad Atene se non verranno concesse le garanzie aggiuntive ai prestiti finlandesi. La mossa ha messo a rischio il varo del secondo piano di prestiti da 109 miliardi di euro a cui si aggiungono altri 50 dei privati deciso il 21 luglio dai capi di Stato e di Governo a Bruxelles mentre il Governo di Atene attende a settembre la sesta rata da 8 miliardi di euro del primo piano per poter fronteggiare le esigenze di cassa.
«Le garanzie supplementari sono la condizione posta dal nostro Parlamento per poter partecipare al nuovo piano di aiuti per Atene», ha spiegato il premier finlandese.

Immediatamente la notizia dell'intransigenza di Helsinki ha mandato a picco i titoli di Stato greci a due anni che hanno toccato un differenziale record di 3.900 punti con i bond tedeschi e facendo tornare il timore che la crisi greca possa tornare a scuotere mercati già particolarmente volatili.
L'accordo bilaterale siglato tra Grecia e Finlandia, che prevede il versamento da parte greca di contanti in un deposito pari alla quasi totalità del prestito, da investire in obbligazioni tripla A i cui interessi saranno devoluti a Helsinki a pareggio del totale della somma prestata in cambio della sua partecipazione al salvataggio, ha scatenato prima le proteste e poi simili richieste da parte di altri Paesi della zona euro come l'Austria e l'Olanda, seguite poi da Slovenia, Slovacchia, Estonia e ora anche da parte del ministro del Lavoro tedesco e vice cancelliere, Ursula von der Leyen, sebbene poi il Governo di Berlino abbia preso le distanze dalla posizione espressa a titolo personale dell'esponente della Cdu. La Merkel è però preoccupata perché il 7 settembre il Parlamento tedesco deve approvare i nuovi poteri dell'Efsf e il Governo non è sicuro che la maggioranza sia coesa sul tema.

Preoccupato dagli eventi Evangelos Venizelos, il ministro delle Finanze greco, ha scritto una lettera al presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, al commissario Ue Olli Rehn e al presidente della Bce Jean-Claude Trichet per chiedere il loro intervento sulla questione che sta provocando il rischio di far saltare il piano di aiuti che resta bloccato.
Le discussioni, iniziate già giovedì scorso a livello di alti funzionari dell'Eurogruppo, sono «tuttora in corso», ha riferito il portavoce del commissario Ue agli affari economici Olli Rehn.

«Questa possibilità di garanzie ulteriori è prevista dall'accordo del 21 luglio, al punto 9, in base al quale dove appropriato, un accordo collaterale sarà messo in atto per coprire i rischi che sorgono per gli Stati membri dell'Eurozona che offrono le loro garanzie all'Efsf», ha ricordato Amadeu Altafaj. Formula «abbastanza vaga», ha ammesso il portavoce, su cui l'Eurogruppo sta discutendo per verificare se l'intesa bilaterale greco-finlandese ne garantisce il rispetto o meno.

Questa deve ricevere l'approvazione di tutti i Paesi che partecipano al secondo pacchetto di aiuti per Atene. Secondo fonti di Bruxelles si starebbe cercando un compromesso offrendo ai Paesi che ne facessero richiesta garanzie non cash ma in immobili del demanio greco anche se a Atene non può impegnare beni immobili e terreni dopo una legge approvata ad aprile sulla scia del timore di dover realmente «impegnare» il Partenone o vendere le celebri isole meta di migliaia di turisti ogni anno.
La questione ha fatto intervenire Moody's che ha avvertito che «se dovessero generalizzarsi, questi accordi bilaterali sarebbero negativi» in quanto «manifestano il continuare delle divergenze nell'Eurozona».

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