Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2011 alle ore 06:43.

My24

Chi di mestiere vuol far l'arbitro è meglio che non abbia mai tifato per le squadre che deve arbitrare; men che meno deve averci giocato prima. In caso contrario, mette a rischio la sua credibilità, a prescindere dalla bontà della sua azione. Eppure l'agenzia di rating S&P, nell'occhio del ciclone per aver declassato il debito americano, chiama al suo vertice un esponente apicale di Citigroup, a sua volta salvata dal Tesoro americano.

Le porte girevoli – vanto della regolamentazione americana, formale ed informale – non sembrano questa volta aver funzionato molto bene.
Le agenzie di rating stanno vivendo una fase molto delicata. In Europa le autorità di controllo dovranno decidere – e ci si augura per il bene di tutti che lo facciano presto – quali agenzie hanno i requisiti di professionalità e di indipendenza, necessari per poter svolgere la propria attività nel perimetro dell'Unione. La decisione verrà presa a Bruxelles, anche sulla base dei pareri espressi dalle autorità nazionali e proprio ieri, per quanto ci riguarda, la Consob ha dato parere negativo. Anche negli Stati Uniti, la pur pallida ed inconsistente riforma Dodd Frank potrà consentire – se ci sarà la volontà politica – di riconsiderare ruolo e prerogative delle agenzie.

Dal punto di vista economico, la domanda a cui i regolatori devono rispondere può essere posta in termini molto semplici, anche se brutali: l'attività delle agenzie produce valore per i mercati? Dagli anni '30 agli anni '90 sempre l'analisi economica sembrava aver trovato delle risposte convincenti.

Il rating nasce perché nel mercato dei capitali gli investitori hanno bisogno di informazioni sui soggetti – imprese, banche ed istituzioni pubbliche – che emettono titoli. Esiste una domanda di informazioni, a cui il rating offre risposta.

Il rating è offerto da imprese private: rappresenta un giudizio sulle probabilità che l'emittente adempia i suoi obblighi in modo completo e regolare. Le agenzie sono intermediari di informazioni: dati input informativi diversi e il capitale umano e tecnologico a disposizione, producono un output informativo a più alto valore aggiunto.

Ma da cosa dipende questo valore aggiunto? Almeno tre sono le ragioni per cui il rating offre valore aggiunto in termini informativi. In primo luogo, le agenzie accedono a fonti informative non pubbliche. In secondo luogo, il capitale umano che elabora gli input informativi e le metodologie utilizzate sono di qualità. In terzo luogo, le agenzie, in quanto soggetti terzi rispetto ad emittenti ed investori, hanno gli incentivi corretti, in termini di indipendenza ed autonomia, per offrire un prodotto di qualità, indipendente dal ciclo economico e dalla natura dell'emittente.

La più recente analisi economica sta però avanzando forti dubbi su tutte e tre le ragioni che giustificano il valore informativo dei rating. I dubbi partono da un dato generale: i rating si sono dimostrati inefficaci in diverse occasioni, partendo dalle crisi in Asia del 1997 e 1998, passando dalle crisi aziendali di California's Orange County, Enron, WorldCom e Global Crossing ed arrivando ai default della finanza strutturata, a cui è stato attribuito un ruolo rilevante nell'origine e sviluppo della crisi finanziaria del 2007-2009.

L'inefficacia del rating può allora avere almeno tre cause diverse. Innanzitutto spesso l'emissione dei rating non trae vantaggio da fonti informative privilegiate. In secondo luogo sono state avanzate perplessità sul fatto che le agenzie riescano ad attirare il migliore capitale umano, data la loro struttura di salari ed incentivi, rispetto ad altre istituzioni ed imprese finanziarie, come pure che tale capitale umano sia adeguato, anche per quel che riguarda le scelte metodologiche. Infine e soprattutto nella condotta delle agenzie ci possono essere dei bias che portano a distorsioni sistematiche nella formulazione e nella comunicazione dei rating. Il bias ritenuto più pericoloso è proprio quello dell'indipendenza delle agenzie dagli emittenti.

Quindi la reputazione delle agenzie si basa oggi su fondamenta che vengono percepite come molto scricchiolanti. In questo contesto, la scelta di S&P di nominare al suo vertice un ex esponente di Citibank non può che lasciare gli osservatori davvero stupiti e perplessi. L'agenzia di rating si vuol presentare come un arbitro imparziale. La sua reputazione in questo senso è però molto traballante, anche dopo un discusso arbitraggio che ha per oggetto il debito degli Stati Uniti. E cosa fa? Sceglie per il suo vertice un giocatore di una squadra che ha arbitrato in passato e che continuerà ad arbitrare, per di più in debito di riconoscenza – reputazionale e sostanziale – proprio del Tesoro americano. Se non si mette in dubbio la buona fede dell'arbitro, questo è autolesionismo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi