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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2011 alle ore 09:22.

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TRIPOLI - Occorre farlo presto, anzi subito. Poco importa se ancora si combatte. Se diversi quartieri di Tripoli sono ancora infestati da cecchini e milizani di Gheddafi. I leader del Comitato nazionale di transizione, il Governo dei ribelli, sono d'accordo su un fatto: bisogna creare un nuovo Esecutivo, rappresentativo di tutta la Libia, per colmare un pericoloso vuoto di potere che, a lungo andare, rischia di precipitare un Paese già diviso tra clan e tribù rivali in una situazione di anarchia.

Ecco perché in questi giorni si stanno trasferendo da Bengasi, capitale della Cirenaica da cui è partita in febbraio la rivolta, a Tripoli, dove nel fine settimana dovrebbero sedersi tutti a un tavolo. La priorità è l'individuazione di un leader incaricato di scegliere gli uomini giusti, distribuire le poltrone in modo equo, e dar vita quanto prima ala ricostruzione. Ma dopo 42 anni di regime chi sono i potenziali candidati alla poltrona di presidente del nuovo Governo?

Quelli possibili sono tanti, ma i nomi che ricorrono più spesso sulla bocca dei libici sono quattro o cinque. Iniziamo da Mustafa Abdel Jalil, ex ministro della Giustizia di Gheddafi, che in febbraio era subito passato dalla parte dei ribelli. L'attuale presidente del Cnt sembra la persona adatta. La sua reputazione di integrità è essenziale per evitare fenomeni di corruzione in un Paese dove finora l'economia è stata in mano solo all'entourage del regime. Elogiato da Human Rights Watch per il suo contributo alla riforma del codice penale, Jalil piace all'Occidente anche per il suo atteggiamento sempre moderato. Ma per i tanti libici che vorrebbero vedere nuove facce al potere, resta sempre un ex uomo di Gheddafi. E lui stesso spesso ha accennato di non voler ricoprire un incarico così difficile.

Mahmoud Jibril è forse il più ambizioso. Primo ministro del Cnt, ne è considerato la mente ed è un abile tecnocrate. Anch'egli ex funzionario di punta del regime, può vantare buone relazioni con l'Occidente, un punto che non è ben visto dai falchi del Cnt.

Un altro potenziale nuovo leader della Libia è Ali Tarhouni. Emerito professore di economia negli Usa, dove era uno degli uomini di punta dell'opposizione in esilio, è tornato in Libia poco dopo la rivolta ricoprendo la carica di ministro delle Finanze con l'incarico di occuparsi delle disastrate casse del Cnt e del riavvio dell'industria petrolifera. Tarhouni, da due giorni a Tripoli è, forse l'uomo che piace di più all'Occidente, ma molti libici gli rimproverano di essere stato lontano dal Paese negli anni del regime.

Nessuno più di Sokri Ghanem, ex ministro del Petrolio di Gheddafi, fuggito da alcune settimane all'estero, conosce l'industria energetica del Paese. Ex premier, fu apprezzato per aver cercato di liberalizzare l'economia, riuscendoci in parte. Ma finora Ghanem non ha aderito al Cnt, e comunque è restato al fianco di Gheddafi per almeno 4 mesi di rivolta.

Non ultimo candidato è l'influente Abdel Salam Jalloud. L'ex numero due del regime, fuggito la scorsa settimana in Italia è stato sì uno dei più spietati e fedeli alleati del raìs. Ma dal 1993 era caduto in disgrazia, confinato agli arresti domiciliari. Jalloud ha ancora buoni contatti e potrebbe rivestire un ruolo importante per reintegrare parte di uomini del regime nel nuovo Governo.

«Dobbiamo essere realisti. Non si può escludere dal Governo e dalle istituzioni ogni uomo che ha lavorato con Gheddafi, sarebbe controproducente, anzi sarebbe la mossa peggiore», ha spiegato al Sole 24 ore un uomo vicino al Cnt arrivato a Tripoli per consultazioni. Ma sono in molti tra i ribelli a non pensarla così. Il Cnt è già un governo provvisorio in cui convivono diverse anime: islamici e laici, esiliati, ex membri del regime. La sola cosa che hanno in comune alcuni membri è il fatto di volere Gheddafi catturato.

La scelta del leader sarà difficile, ma determinante. Per guidare un Paese così diviso ci vorrebbe, forse, una personalità dotata di un certo carisma. Ma dopo 42 anni di brutale regime, un uomo forte non è esattamente ciò che desiderano i libici.

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