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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 26 agosto 2011 alle ore 08:41.

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La Guardia di Finanza scopre maxi evasione internazionale per oltre 100 milioni di euroLa Guardia di Finanza scopre maxi evasione internazionale per oltre 100 milioni di euro

La Guardia di Finanza di Vicenza ha scoperto una maxi evasione fiscale internazionale per oltre 100 milioni di euro. Coinvolto uno dei principali gruppi imprenditoriali conciari della Valle del Chiampo. I numeri sono da capogiro: oltre 106 milioni di euro i redditi occultati dalle società di capitali, 800 lavoratori dipendenti irregolari individuati, pagati in nero, 9 milioni di euro di retribuzione fantasma ogni anno, tonnellate di pellame venduto in nero. E non solo, le Fiamme Gialle hanno anche scoperto l'esistenza di patrimoni detenuti all'estero non dichiarati, con violazioni alla disciplina sul «monitoraggio fiscale» per oltre 1,3 miliardi di euro.

Responsabili due fratelli, fondatori del gruppo conciario, amministratori e proprietari «di fatto» di una galassia societaria retrostante alla struttura imprenditoriale attiva in Italia, formalmente costituita all'estero allo scopo di beneficiare indebitamente di legislazioni fiscali favorevoli a danno dell'Erario. I due fratelli avevano costruito nel tempo un castello di società nel Granducato del Lussemburgo, allo scopo di «spossessarsi», almeno formalmente, della proprietà: pur rimanendo amministratori delle società italiane, non ne risultavano più i proprietari. Gli interessi economici dei due imprenditori sono stati, peraltro, fatti apparire segregati all'interno di due trust, appositamente costituiti nel paradiso fiscale dell'Isola di Man. Tali strutture, che avrebbero dovuto sviluppare una gestione autonoma, sono invece rimaste sotto il rigido controllo dei «disponenti» italiani che, per il loro tramite, hanno perdurato il pieno possesso e l'esclusiva gestione dell'intero impero economico.

Oltre a rimanere sotto il controllo italiano, le imprese estere interposte - si tratta di 4 società di capitali in Lussemburgo - sono risultate essere anch'esse amministrate in Italia, in maniera del tutto funzionale alle esigenze di pianificazione fiscale dei due fratelli imprenditori. Il fatto che l'intera struttura formalmente costituita all'estero fosse, invece, gestita in toto in Italia ha determinato due effetti sostanziali: da un lato, le società artificiosamente allocate in Lussemburgo sono state ricondotte a tassazione nel territorio italiano e considerate «evasori totali»; dall'altro, le due persone fisiche di riferimento sono risultate detenere un rilevantissimo patrimonio, costituito dalle partecipazioni di controllo (solo) formalmente segregate nei trust esteri, che, in quanto loro riconducibili, avrebbero dovuto essere inserite nelle dichiarazioni fiscali annuali in virtù degli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all'estero. Partecipazioni mai inserite nelle dichiarazioni fiscali, fato che ha determinato la constatazione di violazioni alla disciplina sul «monitoraggio fiscale» per l'impressionante cifra di oltre 1,3 miliardi.

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