Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2011 alle ore 08:13.

My24


MILANO
I pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia insistono: Filippo Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della provincia di Milano ed ex leader dei Ds di Milano, sotto inchiesta per un giro di tangenti nel suo Comune di origine, deve essere tenuto in custodia cautelare in carcere. Esattamente come l'architetto Marco Magni e l'ex assessore all'Edilizia nel Comune di Sesto Pasqualino Di Leva, ritenuti dall'accusa due bracci operativi nella riscossione delle mazzette e per cui due giorni fa sono scattate le manette su ordinanza del Gip del tribunale di Monza Anna Magelli, come richiesto dalla procura. Secondo i due pm, infatti, Penati non può godere della prescrizione per un reato di corruzione compiuto oltre 7 anni fa, dato che si sarebbe trattato di concussione.
I due magistrati hanno pertanto già depositato al tribunale del riesame di Monza il ricorso per chiedere ancora l'incarcerazione del politico sestese, oltre che del suo collaboratore Giordano Vimercati, indagati entrambi per concussione, corruzione e finanziamento illecito, sebbene il Gip abbia appunto ristretto il campo alla sola corruzione.
Il motivo di tale richiesta è il timore che Penati possa inquinare le prove. Questo, secondo i magistrati, si può evincere da vari indizi. Ad esempio, in un messaggio inviato a Penati dal suo portavoce si legge «No tell no news no problem», che per i magistrati starebbe a significare che durante un interrogatorio una ex collaboratrice non aveva fornito particolari utili alle indagini, cosa di cui si voleva che Penati fosse informato. O, ancora, il fatto che Giuseppe Pasini, l'imprenditore che insieme a Piero di Caterina accusa Penati, sarebbe stato chiamato dal politico lo scorso maggio per un incontro.
Tuttavia il Gip di Monza ha fatto, due giorni fa, due scelte diverse. Per Magni e Di Leva, i cui reati di corruzione contestati sarebbero avvenuti tra il 2006 e il 2008, ha deciso la custodia cautelare nel carcere di Monza, ritenendo che ci fosse pericolo di reiterazione del reato. Per Penati e Vimercati invece la questione si complica. Pur parlando nell'ordinanza di «gravi indizi», i presunti reati riguarderebbero gli anni Novanta e il periodo tra il 2001 e il 2004, e quindi per la corruzione sarebbe già scattata la prescrizione. La procura però ci riprova. L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari è del 10 agosto e i pm avevano 10 giorni di tempo per fare ricorso al riesame. Nei giorni scorsi hanno dunque depositato l'appello per il carcere a Penati e Vimercati.
Penati nel frattempo ribadisce la sua «estraneità ai fatti», scegliendo di autosospendersi dal Pd e uscire dal gruppo consiliare regionale lombardo. Questo, spiega in una nota il politico di Sesto, «per non creare problemi e imbarazzi al Partito democratico». Secco il commemto di Pierluigi Bersani: «Bene il suo passo indietro.»
La scelta di Penati, che dopo i primi giorni dell'inchiesta aveva già rinunciato al suo incarico nella segreteria nazionale del Pd e al ruolo di vicepresidente del consiglio della Regione Lombardia, è di abbandonare il gruppo dei democratici, ma non quello di rinunciare al posto dentro l'aula consiliare. Cosa, questa, che ha fatto innervosire qualche suo collega di partito. La reazione più dura è arrivata dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi: «Fa rabbia leggere di Penati. Si è autosospeso dal partito, si è dimesso dalla carica di vicepresidente e farebbe bene a dimettersi anche da consigliere. E poi farebbe meglio a stare zitto e rispondere solo nei tribunali». Rincara la dose Pierfrancesco Majiorino, assessore Pd nel Comune di Milano: «Chi ha svolto funzioni di rappresentanza politica e si proclama innocente dovrebbe rinunciare alla prescrizione». A sostenere Penati c'è invece Franco Mirabelli, consigliere del Pd e ultimo segretario dei Ds di Milano. «Penati ha compiuto una scelta responsabile e rispettosa».
Il quadro investigativo intanto si fa a poco a poco più chiaro. Per i pm Mapelli e Macchia la vicenda non si fermerebbe alle tangenti indirizzate direttamente a Penati. Per la procura ci sono gravi indizi che l'ex sindaco di Sesto abbia finanziato il suo partito con i soldi raccolti dalle tangenti. Nella ventina di pagine dell'atto depositato contro la bocciatura della richiesta di arresto da parte del Gip, gli inquirenti spiegano che Di Caterina avrebbe versato soldi a favore di Penati nell'interesse del partito (all'epoca Ds). Per il Gip, invece, non ci sono prove sufficienti per dire che un pagamento di 2 milioni sarebbe finito nelle casse del partito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'INDAGINE
pPer i Pm di Monza, titolari dell'inchiesta sul sistema di tangenti a Sesto San Giovanni (Milano), anche Filippo Penati dovrebbe essere sottoposto all'arresto cautelare per evitare l'inquinamento delle prove
Dopo la bocciatura dell'arresto da parte del Gip del tribunale di Monza, i Pm Mapelli e Macchia ci riprovano facendo appello alla decisione del giudice
Per la procura di Monza le tangenti a Penati sarebbero servite anche a finanziare il partito, sebbene per il Gip non ci siano prove che vanno in questo senso

Shopping24

Dai nostri archivi