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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2011 alle ore 07:36.

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MILANO. A sbloccare la vertenza fra calciatori e club potrebbe essere il Parlamento, abrogando (per tutti contribuenti interessati, evidentemente) il contributo di solidarietà e sostituendolo con altre misure.

Questa sembra almeno, dopo il vertice di Arcore di ieri, l'intenzione del Governo. Nell'assemblea della Lega di serie A, calendarizzata per il 1° settembre, il tavolo della discussione potrebbe essere perciò sgombrato da una delle due questioni che hanno tenuto banco nelle ultime settimane, portando allo slittamento della prima giornata di campionato.
A questo punto, l'intesa tra le parti potrebbe essere ricucita disciplinando in maniera "equilibrata" la facoltà delle società di organizzare allenamenti separati per gli atleti fuori-rosa. Di tutto questo si è discusso ieri in Federazione, dove il presidente Giancarlo Abete, ha convocato, separatamente, il presidente della Lega, Maurizio Beretta e quello dell'Aic, Damiano Tommasi.

Per Abete, infatti, «la seconda giornata si deve giocare, è un obbligo. Questo sciopero è incredibile e si basa su una problematica come l'interpretazione dell'articolo 7 sugli allenamenti differenziati, che è presente da 25 anni e che ha creato ben pochi contenziosi per mobbing». Il presidente della Figc in riferimento alle responsabilità del rinvio del torneo, ha aggiunto: «L'accordo era stato fatto, bisogna essere onesti intellettualmente, era stato raggiunto l'8 dicembre e la Lega non ha rispettato gli impegni assunti. Adesso? La responsabilità induce a continuare l'opera di mediazione, ci sono però delle verità, l'accordo era stato raggiunto e una delle parti non lo ha rispettato e questo è un dato di fatto».

Resta ferma la posizione dell'Aic. «Ad oggi – ha spiegato Tommasi – siamo a ridiscutere articoli e clausole che erano già chiuse a dicembre. È una mia convinzione, condivisa però da molti che la Lega non voglia un accordo collettivo mentre l'Assocalciatori lo vuole. Non possiamo permetterci di iniziare un altro campionato senza l'accordo collettivo, non solo sulla base di promesse, ma firmato. Si è parlato tanto di contributo di solidarietà, ma sembra che il governo lo tolga. È un problema che non è mai esistito».

Sempre ieri, il presidente del Coni (che studia in ogni caso le soluzioni giuridiche possibili in caso di nuovo stop), Gianni Petrucci, non ha lesinato critiche ai patron delle società: «Basta con i fenomeni, quelli che vogliono andare contro tutto e tutti e non hanno voluto l'accordo. Se il calcio seguisse i presidenti illuminati e non si facesse trascinare da quelli che sono contro e basta si troverebbe la soluzione. Sono convinto che con il buon senso l'accordo si troverà. Sono ottimista».

Di una una mossa politica dietro il polverone dello sciopero ha parlato, infine, dal ritiro di Coverciano, il portiere della Nazionale, Gigi Buffon: «Con tutti i problemi che il Paese ha oggi, credo che questo sciopero faccia comodo a qualcuno, per buttare un po' di fumo negli occhi alla gente. Credo che le colpe siano di tutti. Ho il sospetto però che dietro tutta questa storia ci sia la volontà di distrarre la gente dai problemi reali del paese».

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