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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2011 alle ore 06:37.

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Cancellarla. Estenderla ad altri settori. Eliminarla per le rinnovabili. Oppure lasciarla così com'è. La Robin Hood Tax è entrata nel frullatore delle ipotesi di modifica – non senza contraccolpi in Borsa per le società di volta in volta "nominate" – e comincia oggi la settimana decisiva verso la conversione in legge. Una settimana in cui avrà un certo peso specifico anche la segnalazione a Governo e Parlamento preannunciata dal garante per l'Energia, Guido Bortoni. In mezzo a tante incertezze, ci sono due punti fermi: la durissima opposizione delle imprese e l'obiettivo di gettito fissato dall'Esecutivo (3,6 miliardi dal 2012 al 2014 secondo la relazione tecnica).
Perimetro allargato
Il decreto legge 138/11 disegna il tributo come un'addizionale Ires al 10,5% che dovrà essere pagata dalle aziende del comparto energetico. Rispetto alla versione della manovra d'estate del 2008 (Dl 112) la soglia di ricavi scende da 25 a 10 milioni e vengono tassati anche il settore delle rinnovabili (fotovoltaico, eolico e biomasse) e quello delle infrastrutture energetiche.
«Il contributo della produzione da fonti rinnovabili al gettito della tassa potrebbe ammontare al massimo tra 100 e 150 milioni di euro l'anno», stima Marco Pigni, direttore dell'associazione dei prodotturi di energia da fonti rinnovabili (Aper). Una previsione in linea con quella del Governo. È però sulle conseguenze che le due posizioni si fanno distanti: secondo Pigni, il gettito «sarebbe comunque inferiore ai benefici apportati dallo sviluppo del settore», quali una riduzione dei costi per l'acquisto di titoli di emissione di CO2 per un ammontare pari a circa 200 milioni all'anno, la creazione di 100mila nuovi posti di lavoro entro il 2020 e investimenti per oltre 50 miliardi.
L'applicazione del tributo ai "trasportatori" di energia, invece, andrà a colpire sostanzialmente Terna e Snam Rete Gas. Su questo punto, il servizio Bilancio del Senato ha fatto le pulci alla relazione tecnica, evidenziando il rischio che i 620 milioni di incasso previsti per il 2012 siano sovrastimati. Ad ogni modo, la base di calcolo sarà l'utile netto, che per Terna è stato di 329 milioni al 30 giugno scorso e per Snam Rete Gas di 576 milioni.
Il conto in Borsa
Nelle stime del Governo, il nuovo tributo vale quasi il 9% della manovra correttiva. Non è difficile, quindi, capire perché diversi esponenti della maggioranza abbiano escluso qualsiasi tipo di modifica. Oltretutto, gli introiti per il 2012 – pari a 1,8 miliardi – non sono destinati a migliorare i saldi di finanza pubblica, ma a ridurre i tagli ai ministeri e agli enti locali. D'altra parte, si comprende bene anche l'opposizione del mondo produttivo e la tentazione tutta politica di spalmare il prelievo su altri settori regolati, dalle telecomunicazioni alle concessionarie di autostrade e aeroporti: raddoppiando la base imponibile si può dimezzare l'aliquota. Non è un caso che proprio questa sia l'indicazione arrivata mercoledì scorso dalla commissione Industria del Senato, insieme al suggerimento di esentare le rinnovabili.

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