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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2011 alle ore 07:36.
Quando emergono i veri problemi del Paese e la politica litiga sulle riforme, basta sollevare un polverone intorno al calcio e la gente si distrae. L'analisi non è di un politologo, né di uno studioso del costume. Molto più semplicemente è di Gianluigi Buffon, che di norma si occupa di vanificare gli altrui tentativi di far gol e per una volta si è invece concesso il lusso di segnare a porta vuota. Quella lasciata libera, per l'appunto, da una Lega che ha tentato di spacciare per sciopero (dei calciatori) una serrata (dei presidenti). Analisi non particolarmente sessantottina, a dispetto delle apparenze, per due buone ragioni almeno. La prima è che Buffon è politicamente orientato da tutt'altra parte, con qualche sgradevole eccesso di gioventù. La seconda, che a precederlo nell'attacco ai "presidenti sfascia tutto" era stato, nientemeno, Gianni Petrucci, presidente del Coni. Non esattamente un barricadero, né per formazione né per interpretazione del ruolo, ma fermissimo in questa circostanza nell'inchiodare i dirigenti oltranzisti alla loro arroganza e alla loro incapacità.
E mentre a noi toccava questo indecente teatrino, con i consueti caratteristi di spicco impegnati vuoi nell'insulto reciproco vuoi nella proposta finalmente risolutiva, consistente nella scoperta dell'acqua calda, nel resto dell'Europa calcistica che conta andavano in scena spettacolini tutto sommato passabili, forse anche qualitativamente discreti. Come gli otto gol del Manchester United all'Arsenal, fresco reduce dall'aver vinto due partite su due con l'Udinese, giusto per ripassare i rapporti di forze, i cinque del Manchester City al Tottenham, fuori casa per gradire, i sei del Real Madrid. Dopodiché si può anche discutere, in dottrina, quanto possano essere appassionanti campionati talmente squilibrati che solo due squadre possono vincerli, Real o Barcellona come accade da anni in Spagna, United o City quest'anno in Inghilterra, salvo improbabili miracoli di Liverpool o Chelsea. Obiezione ammessa, vostro onore, tant'è vero che da anni il campionato più equilibrato, appassionante e imprevedibile è la Bundesliga. Ma poiché nel calcio-spettacolo anche l'occhio reclama la sua parte, lasciando da parte per una volta i ricami di Xavi e Iniesta e i cambi di marcia extraterrestri di Messi, non c'è dubbio che le carezze su punizione di Rooney, la potenza balistica di Dzeko, la crescente disinvoltura del Real una sbirciata la possano valere.
Anzi qualcosa di più, molto di più, in un fine settimana in cui i palcoscenici di casa nostra erano deserti. Con questa differenza. Che gli attori sembrano essersene accorti, e da ieri premono con rinnovata lena per tornare in campo. I capocomici non ancora.
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