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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2011 alle ore 07:35.

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No, non passerà alla storia come un piano organico contro l'evasione. Eppure il pacchetto di norme per scovare chi non paga le tasse, presentato ieri in Senato dal Governo, offre alcuni segnali da non sottovalutare. E contiene alcuni elementi di discontinuità rispetto al disagio, quasi all'imbarazzo, con cui la maggioranza di centro-destra ha spesso maneggiato il tema dell'evasione fiscale.

Ci sono, così, molti aspetti di rilievo: una nuova stretta sulle società di comodo, vale a dire quelle utilizzate per mettere immobili, barche e beni di lusso "personali" al riparo dalle pretese del fisco; un ulteriore coinvolgimento dei sindaci nella caccia a chi non paga le tasse, con tanto di minaccia di "gogna mediatica", attraverso la pubblicazione online dei redditi dichiarati; il pugno pesante con le imprese strutturalmente in perdita, che saranno di fatto equiparate alle società di comodo; l'obbligo di indicare nelle dichiarazioni gli estremi dei rapporti con banche e operatori finanziari; il premio della riduzione delle sanzioni amministrative per i contribuenti (artigiani, commercianti, professionisti) che non usano il contante; il pesante giro di vite sul penal-tributario, forse la norma che farà più discutere.

Non sappiamo ancora se il rigore proposto tra i commi serve solo a dare credibilità a misure dai risultati incerti (come sempre sono le norme contro l'evasione) decisive però per mantenere inalterati i saldi della manovra, dopo la rinuncia al contributo di solidarietà e ai minori tagli agli enti locali. Non sappiamo neppure se questo intervento avrà la forza per superare indenne e senza annacquamenti l'esame dei due rami del Parlamento.
Quel che sappiamo, invece, è che l'evasione fiscale resta uno dei grandi problemi di questo paese, non l'unico purtroppo, ma di sicuro uno dei più preoccupanti. E che per risolverlo serve un po' di coraggio e tanta onestà intellettuale. Non possiamo lamentarci ogni volta per l'elevato livello di evasione salvo poi recriminare prontamente di fronte a ogni iniziativa finalizzata a colpire i disonesti. Distinguendo però tra il rigore e gli eccessi.

Si pensi al penal-tributario: sanzioni più severe possono sempre essere accettate (è curioso - sia detto per inciso - che il superamento della legge "manette agli evasori", nel 2000, sia arrivato proprio per mano dell'allora ministro Visco e che oggi sia proprio il ministro Tremonti a riproporre la linea dell'intransigenza, linea che in realtà non aveva dato in passato risultati travolgenti). Ma come la mettiamo con tutti quei casi in cui la contestazione di evasione non si basa tanto su violazioni sostanziali (fatture false; operazioni inesistenti; dichiarazioni non presentate) quanto sull'applicazione di norme interpretative, sull'abuso del diritto piuttosto che sull'antieconomicità di un comportamento? Ecco, se non vogliamo che tutto il contenzioso fiscale venga trasferito nelle Procure della Repubblica dobbiamo almeno auspicare uno sforzo di realismo da parte dell'amministrazione finanziaria.

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