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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2011 alle ore 07:37.

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Il fabbisogno del settore statale, indicatore di grande importanza perché fotografa i flussi mensili che hanno diretta incidenza sul debito, risulta in calo di circa 5,8 miliardi in gennaio-agosto rispetto all'analogo periodo del 2010.

Si è raggiunta quota 46,8 miliardi rispetto ai 52,5 miliardi dello scorso anno, anche grazie al saldo di agosto che si è attestato a circa 6,9 miliardi dai 7,94 miliardi dello stesso mese del 2010. Stando a quanto ha comunicato ieri sera il ministero dell'Economia, al netto dell'erogazione per il sostegno finanziario alla Grecia, che nei primi otto mesi del 2011 è stato di circa 5 miliardi a fronte dei circa 3 miliardi del 2010, «il miglioramento del fabbisogno del 2011 risulta pari a circa 7,9 miliardi».

Risultato che a parere dell'Economia si deve al «buon risultato delle entrate fiscali in linea con quanto registrato nei mesi precedenti. Dal lato dei pagamenti, rispetto al mese di agosto dello scorso anno, si registrano maggiori prelievi da parte delle amministrazioni territoriali».

Si conferma in ogni caso la tendenza già evidenziata nei primi sette mesi dell'anno, quando il disavanzo di cassa si è attestato a 39,6 miliardi, rispetto ai 44,6 miliardi del 2010. Anche in questo caso la performance è stata attribuita per gran parte al buon andamento delle entrate fiscali e all'«efficacia delle misure di contenimento della spesa». Silvio Berlusconi, nel suo discorso alle Camere del 3 agosto sulla situazione economica del Paese si era spinto fino a prevedere l'azzeramento del fabbisogno per fine 2011.

L'interrogativo in realtà è tutto sulla possibilità di centrare o meno il target di crescita dell'1,1% fissato dal governo per fine 2011, che peraltro potrebbe essere ritoccato al ribasso (attorno allo 0,8%) quando tra breve (il termine è il 20 settembre) il ministro dell'Economia Giulio Tremonti presenterà la nota di aggiornamento delle stime macroeconomiche definite in aprile con il «Documento di economia e finanza». Con la crescita 2011 a quota 1,1% si punta a un deficit pari al 3,8% del Pil. L'eventuale revisione al ribasso della stima trascinerebbe il deficit verso il 4 per cento.

Poco male, perché le due manovre correttive si concentrano sul 2013-2014, così da assicurare al 2013 il pareggio di bilancio. Tuttavia il trascinamento del maggior deficit 2011 sul 2012, unito all'eventualità che si debba ritoccare al ribasso anche la stima di crescita per il prossimo anno (attualmente all'1,3%) allontanerebbe la possibilità di ridurre il deficit all'1,3% e dunque renderebbe impervia la marcia di avvicinamento al pareggio di bilancio.

Se questo sarà effettivamente lo scenario, appare evidente che occorrerà intervenire nuovamente in corso d'opera prima di tutto sul 2012 con una manovra aggiuntiva che, estendendo i suoi effetti anche al biennio successivo, assicuri il rispetto dei target: deficit allo 0,2% nel 2013 («close to balance») e allo 0,5% nel 2014.

Scenari evidentemente tutti da definire, anche perché prima di tutto occorrerà valutare in che misura, a consuntivo, le due manovre congiunte riusciranno a correggere effettivamente il deficit secondo il percorso immaginato dal governo.

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