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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2011 alle ore 13:44.

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Il ministro degli esteri turco Ahmet DavutogluIl ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu

La Turchia ha espulso l'ambasciatore d'Israele e sospeso tutti i contratti militari dopo le mancate scuse di Tel Aviv per l'incidente della Mavi Marmara, l'assalto della marina isrealiana l'anno scorso contro il traghetto turco carico di attivisti filo-palestinesi che cercavano il forzare il blocco di Gaza. Il raid finito è con l'uccisione di 9 cittadini turchi il 31 maggio del 2010.

Lo ha annunciato il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu,
eminenza grigia del partito islamico moderato Ak del premier Recep Tayyp Erdogan, aggiungendo che la rappresentanza turca in Israele viene declassata e livello di secondo segretario d'ambasciata.

Il rapporto Palmer
La decisione di Ankara è arrivata quasi in contemporanea alla pubblicazione di un Rapporto delle Nazioni Unite (anticipato ieri dal New York Times) secondo in quale il blocco navale applicato da Israele a Gaza era legale, anche se la reazione del commando israeliano fu eccessiva. L'Onu invita Israele a preparare «una dichiarazione di rammarico appropriata» e a risarcire le vittime.

Il capo della diplomazia turca ha bollato come «inaccettabili» le conclusioni della commissione Onu, guidata dall'ex primo ministro neozelandese Geoffrey Palmer. La Turchia non farà marcia indietro, ha aggiunto, finchè la controparte non ne avrà accolto le richieste: la presentazione di scuse formali e congrui indennizzi alle vittime o ai loro eredi.

Riunione urgente in Israele
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha convocato oggi una riunione urgente dei ministri a lui più vicini per valutare la crisi nei rapporti con la Turchia. Ma secondo la radio statale israeliana, Netanyahu resta fermo anche oggi nella decisione di non estendere scuse alla Turchia per il raid sulla nave passeggeri Marmara nel corso del quale i suoi commando erano stati assaliti con coltelli e spranghe.

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