Il cantiere resta ancora aperto

Molti annunci, altrettante promesse o minacce (dipende dalla prospettiva), ma per ora solo poche modifiche rispetto al decreto di luglio e agli interventi dello scorso anno.

Quindi, almeno per limitarci alle ipotesi circolate nei giorni scorsi, nulla di fatto sulla cancellazione degli anni di laurea e del servizio militare dal calcolo della pensione con i 40 anni di anzianità (senza vincoli di età).
Nulla di fatto sull'accelerazione dell'aumento a 65 anni dell'età per la vecchiaia delle donne del settore privato.

Nulla di fatto, più in generale, sugli interventi relativi alle pensioni di anzianità, dei quali pure si era parlato nelle scorse settimane.
Non serve però una sfera di cristallo per dire che sbaglia chi pensa che la partita sulla previdenza sia stata definitivamente archiviata. È possibile – vista la resistenza infinita della Lega – che nulla accadrà con il decreto legge sulla manovra da domani all'esame dell'aula del Senato.
Ma nei giorni scorsi è circolata con insistenza la voce – da nessuno smentita – dell'avvio di un tavolo autunnale sulle pensioni agganciato alla delega sull'assistenza. In effetti, si tratterebbe di un accordo raggiunto nella maggioranza al termine delle caotiche giornate che hanno portato al dietrofront sul congelamento dei riscatti.

Così, non appena il Parlamento avrà approvato la manovra da oltre 45 miliardi, potrebbe essere la volta della partita previdenziale, nell'ambito del provvedimento collegato alla riforma dell'assistenza. In gioco tornerebbe, così, l'innalzamento dell'età pensionabile (con obiettivo puntato sia sulle donne sia sulle pensioni di anzianità), ma anche l'aumento al 33% dell'aliquota per i parasubordinati e collaboratori. Senza dire, naturalmente, che quella potrebbe essere anche l'occasione per un passo più coraggioso sul fronte dell'applicazione a tutti, pro quota, del contributivo, con possibilità di uscita flessibile tra i 63 e 68/70 anni.

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