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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2011 alle ore 08:14.

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MILANO
Scalate in borsa e immobiliaristi. Il cuore di tutta l'inchiesta sulle presunte tangenti a Sesto San Giovanni - che vede come principale indagato l'ex leader democratico Filippo Penati - è di fatto il secondo atto delle vicende giudiziarie già viste nel 2005, l'anno in cui Unipol tentò di scalare Bnl e la Banca popolare di Lodi cercò di fare lo stesso con Antonveneta.
Entrambe le vicende finirono male: i tentativi di acquisizione fallirono, e molti protagonisti di allora finirono sotto inchiesta. Le indagini della procura di Monza ora ripartono da lì. Per i pm Walter Mapelli e Franca Macchia la vendita del 15% della holding stradale Serravalle da parte del gruppo Gavio alla provincia di Milano nasconderebbe la "maxi-tangente" dell'inchiesta sul "sistema Sesto": col prezzo gonfiato pari a 240 milioni, grazie a cui Gavio realizzò 179 milioni di plusvalenze, molti soggetti presero la loro "fetta". Primo fra tutti Penati, che dette l'ok all'operazione in quanto presidente della Provincia di Milano. A lui servivano 2 milioni da restiture all'imprenditore Piero Di Caterina. Qualche decina di milioni potrebbe essere servita al gruppo Gavio per affiancare la scalata di Unipol a Bnl. Poi il resto potrebbe essere andato altrove, a livelli politici più alti, e comunque, si ipotizza, fuori Milano.
Ieri a Radio 24 è arrivato il commento di Gianni Consorte, presidente di Unipol quando la società assicurativa tentò la famigerata scalata. Secondo lui le ipotesi di un utilizzo da parte di Gavio delle plusvalenze di Serravalle per appoggiare Unipol «sono fregnacce», dato che Gavio aveva già aperte linee di credito con le banche.
Oltre alle scalate, gli immobili. La compravendita (e gli affitti) di appartamenti è un'altro aspetto su cui si stanno concentrando le indagini. Ieri il Corriere della Sera ha riportato un'intercettazione tra Bruno Binasco, ad del gruppo Gavio (coinvolto nel filone di inchiesta relativo alla vendita del 15% della Serravalle alla provincia di Milano per un presunto prezzo gonfiato), e Angelo Rovati, ex consulente economico di Romano Prodi all'epoca del suo governo di centrosinistra. In questa conversazione emergono elementi relativi all'acquisto di un immobile e a una caparra. Anche nell'inchiesta sulla Serravalle ci sono entrambe le cose: secondo gli inquirenti il prezzo della Serravalle venne aumentato artificialmente anche per permettere a Penati di recuperare 2 milioni per restituire un finanziamento a Di Caterina. Per i pm della transazione di denaro si occupò poi proprio Binasco, che mascherò il versamento fatto a Di Caterina per conto di Penati fingendo un acquisto immobiliare mai avvenuto, con una finta caparra di 2 milioni lasciata scadere. Rovati, interpellato dal Corriere, nega che si tratti dello stesso fatto, e spiega che al gruppo Gavio ha venduto un appartamento di famiglia, da 800 metri quadrati, situato nel centro di Bologna, e che dunque di questo stava parlando.
La procura sta valutando gli stili di vita di Penati, tra cui l'abitazione dove viveva fino a pochi mesi fa, in pieno centro a Milano. L'abitazione potrebbe essere stata pagata da un imprenditore, probabilmente vicino al mondo cooperativo. Poi, una volta saputo dell'inchiesta, il politico sestese si sarebbe affrettato a cambiare casa facendo un regolare contratto di affitto. Si tratta di ipotesi al vaglio degli inquirenti. Intanto ieri sono spuntati anche i racconti di minacce.
L'ex assessore all'Urbanistica di Sesto, Pasqualino Di Leva, in custodia cautelare in carcere, ha dichiarato di essere stato minacciato con una pistola dall'imprenditore Piero Di Caterina, il grande accusatore di Penati, anche lui indagato. Il particolare è emerso nel corso dell'udienza al tribunale del Riesame di Milano, dove l'avvocato Giuseppe Vella, suo legale, ha chiesto la revoca delle misure cautelari.
Intanto il consiglio comunale di Sesto ha dato l'ok al piano integrato di intervento sull'area ex Falck.
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