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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2011 alle ore 09:24.
Sono davvero una sparuta minoranza dei contribuenti italiani. Parlano prevalentemente lombardo (un terzo del totale) o risiedono nel Lazio. Non sembrano amare troppo il Sud. E se lo fanno preferiscono il Molise. Sono i paperoni d'Italia che ora il Governo chiamerà alla cassa con la prossima dichiarazione dei redditi per versare il contributo di solidarietà.
I (davvero) pochi che pagheranno il contributo di solidarietà del 3% oltre i 300mila euro - reintrodotto in versione rivista e corretta dal maxiemendamento del Governo rispetto alla versione originale - secondo i dati ufficiali del Fisco non arrivano neanche a quota 50 sia in Basilicata che in Molise: si tratta rispettivamente dello 0,01% e dello 0,02% sul totale dei contribuenti Irpef della propria regione.
Non è che in Valle d'Aosta siano tanti di più (57) ma la quota è oltre il doppio: 0,06 per cento dei corregionali. È quanto emerge dai dati elaborati dal dipartimento delle Finanze.
Saranno pure pochi i contribuenti over 300mila euro di Basilicata e Molise ma l'apporto che daranno è tra i più alti in media. Quasi un testa a testa con le regioni che vantano tra le loro fila il maggior numero di paperoni, vale a dire la Lombardia e il Lazio. Non un caso visto che da un lato a Roma (e dintorni) risiedono molti grand commis di Stato mentre Milano risente storicamente della presenza di un tessuto imprenditoriale e professionale più vivace, nonostante accusi comunque i segni della crisi economica. Ebbene se è quasi scontato che i paperoni "lumbard" nel complesso pagheranno in media il contributo (nella nuova versione si tratta del 3% per la parte eccedente i 300mila euro) più alto d'Italia (5.140), lo è molto meno che subito dietro ci siano i 42 super-ricchi distribuiti tra Campobasso e Isernia a cui la manovra di Ferragosto chiederà 5.060 euro a testa.
Molto probabilmente qui gioca l'effetto concentrazione, per cui - anche se i dati ufficiali non lo rivelano - bastano uno o due contribuenti con un maxi-reddito a far lievitare l'importo del prelievo. Un discorso molto simile vale per i 48 lucani - forse in questa circostanza non possono proprio dirsi «fortunati» - visto che l'importo procapite (4.510 euro) si colloca comunque sopra la media nazionale (4.380 euro) e appena dietro al Lazio (4.910 euro). Cifre che dovranno portare poi complessivamente - come stima la relazione tecnica del maxiemendamento - a 342,2 milioni di nuove entrate per l'erario (53,8 nel 2012 e 144,2 sia nel 2013 che nel 2014).
Se si guarda al valore assoluto della distribuzione dei circa 33mila interessati dal nuovo contributo emerge ancora una volta in tutta la sua nitidezza la spaccatura dell'Italia davanti al fisco. Bastano quattro regioni del Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte) a coprire oltre il 60% del totale dei contribuenti interessati al prelievo. Le ultime posizioni (con qualche eccezioni legate alla dimensione territoriale come nel caso di Trento e della Valle d'Aosta) sono tutte appannaggio di aree meridionali. Ancora una volta si ripropone il problema in parte di una ricchezza inferiore al Sud e in parte l'incognita di quanto pesi il fattore "nero": quella parte di reddito che non viene indicata in dichiarazione.
La controprova viene proprio dalle proporzioni. Prendiamo l'esempio della Campania: il numero di contribuenti è meno della metà di quello della Lombardia, ma gli over 300mila sono addirittura meno di un decimo. E un discorso molto simile vale anche per la Sicilia: la seconda regione meridionale per numero di persone fisiche. Un segno evidente che oltre a esserci un problema di differente struttura economica e produttiva c'è una quota di ricchezza che scompare completamente dai radar del fisco e su cui dovranno concentrarsi le misure anti-evasione contenute nell'ultima manovra se intendono mantenere le promesse in termini di gettito atteso. Senza dimenticare, però, che il termometro del rischio-evasione registra temperature alte anche in altre aree del Paese.
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