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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2011 alle ore 06:44.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente

Un'altra giornata da dimenticare, l'ennesima, per le banche francesi, da ormai un mese nel mirino dei mercati. Quale sarebbe stata l'intonazione della seduta è apparso evidente fin dall'inizio, con il Cac40 in calo del 2,8% e i titoli dei principali istituti di credito in caduta libera: 12% di flessione per Bnp Paribas e oltre 10% per Crédit Agricole e Société Générale.

A nulla è servito il comunicato diffuso da quest'ultima due ore prima dell'apertura della Borsa per cercare di «riportare l'attenzione sui fatti» e annunciare un'accelerazione dei programmi di trasformazione e rafforzamento della banca. «La nostra esposizione nei confronti dei debiti sovrani dei Paesi periferici della zona euro – ha spiegato il presidente Frédéric Oudéa – è scesa a 4,3 miliardi al 9 settembre, cioè meno dell'1% del nostro bilancio consolidato. Da gennaio il nostro portafoglio di asset da cedere si è alleggerito di 8 miliardi. Abbiamo gestito senza problemi il calo dei flussi di finanziamento in dollari. Il nostro piano annuale di finanziamento di lungo periodo da 26 miliardi è stato completato a inizio settembre. Dal 2007 sono stati raddoppiati i mezzi propri, oggi a 40,6 miliardi. Abbiamo accelerato il cambiamento di pelle della banca, riducendo ulteriormente l'attività di investment banking, per la quale è previsto un ulteriore taglio del 5% dei costi. E nel 2013 avremo un ratio Core Tier 1 in versione Basilea 3 nettamente superiore al 9%, senza aumenti di capitale».

Niente da fare. Le orecchie dei mercati sembravano più attente al declassamento delle banche francesi in arrivo da Moody's (che le aveva messo sotto osservazione per tre mesi a metà giugno in vista di un downgrading), ai rinnovati timori di un default greco e forse anche a un rapporto di Morgan Stanley sui rischi di un contagio «al debito sovrano dell'Italia». «L'impressione prevalente – scrivono gli esperti della banca d'affari – è che la periferia dell'eurozona stia contaminando il centro e non viceversa».

Senza trascurare la delusione per il vertice dei ministri finanziari e dei Governatori delle banche centrali dei Paesi del G-7, che venerdì a Marsiglia, in una giornata drammatica per Borse ed euro (con le dimissioni di Stark dalla Bce), non sono riusciti ad andare oltre un pseudo comunicato di annunci generici. Non è neppure servita una inusuale nota del governatore Christian Noyer, diffusa poco prima di mezzogiorno: «Quale che sia lo scenario greco e quali che siano gli accantonamenti da fare, le banche francesi hanno i mezzi per far fronte alla situazione. Nessun problema di liquidità e neppure di solvibilità. Quanto al primo, il collaterale mobilizzabile a livello dell'eurosistema è di 5mila miliardi e oggi l'eurosistema finanzia le banche per 500 miliardi nel quadro di operazioni di rifinanziamento il cui ammontare è illimitato. Per ciò che riguarda la solvibilità, le banche francesi in due anni hanno già incrementato i mezzi propri di 50 miliardi e continueranno a rafforzarli in vista dell'applicazione delle regole di Basilea 3».

Nessun impatto hanno avuto le dichiarazioni del sempre più evanescente ministro dell'Economia François Baroin («Le nostre banche sono solide e non hanno alcun problema, come hanno dimostrato gli stress test») e di quello dell'Industria Eric Besson («Non c'è alcuna ipotesi di nazionalizzazione parziale delle banche»).

Risultato: il Cac 40, condizionato anche dall'incidente al centro di trattamento delle scorie nucleari di Marcoule che ha penalizzato il titolo Edf, ha chiuso in calo di oltre il 4%. Con Bnp Paribas a -12,35% (-37% da inizio anno e -24% nell'ultimo mese), SocGen a -10,75% (-56% e -33%) e l'Agricole a -10,64% (-43% e -22%).

Se però i tre istituti sono nel mirino, lo sono per ragioni molto diverse. Su Bnp e Agricole, entrambe con una forte presenza in Italia (rispettivamente con Bnl e con Cariparma) pesa l'esposizione sui titoli pubblici italiani (rispettivamente 21 e 8,8 miliardi a fine giugno), mentre SocGen continua a pagare la diffidenza nata con l'affaire Kerviel, il trader che nel 2009 fece perdere 5 miliardi alla banca. Sono in molti a ritenere che SocGen abbia fatto ancora troppo poco nel riequilibrare le attività di banca commerciale con quelle, ben più redditizie, di investment banking.

E la tensione è tale che in serata Oudéa è nuovamente intervenuto per rassicurare sulla situazione della banca: «Voglio tranquillizzare i risparmiatori e i clienti. Société Générale non è in pericolo».
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