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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2011 alle ore 06:46.
ROMA
Il presidente del Consiglio avrebbe «aiutato» Giampi Tarantini già un paio di anni fa, quando il faccendiere barese rimase impigliato nell'inchiesta escort. E lo stesso Tarantini ieri, davanti ai pm di Napoli, avrebbe ammesso: fin da allora «volevo una copertura politica della destra». I pubblici ministeri di Napoli Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli e Francesco Curcio scavano nel terzo interrogatorio con Tarantini - circa tre ore, ieri pomeriggio - e allargano l'arco temporale dell'inchiesta fino a risalire a episodi e scenari inesplorati. Non basta più, insomma, nel quadro degli inquirenti napoletani, lo spaccato dei due mesi in cui si accerta un presunto ricatto ai danni del premier, per una somma pari a 850mila euro, organizzato secondo l'accusa dall'imprenditore di Bari con la moglie e il direttore dell'Avanti!, Valter Lavitola.
Il filone imboccato ora dagli investigatori partenopei – che ieri hanno ipotizzato anche un ventaglio di date per sentire Berlusconi come persona informata sui fatti - riguarda l'indagine di Bari sulle escort e i rapporti, all'epoca, tra il Cavaliere e Giampi. Quando quest'ultimo viene sottoposto a fermo da parte della procura pugliese il legale nominato è Nico D'Ascola, legato a sua volta a Nicolò Ghedini, il principale consigliere legale del premier. Per questioni di carattere il rapporto tra Tarantini e D'Ascola si interrompe e allora Giampi chiede al suo avvocato barese, Nicola Quaranta, di trovare un altro legale vicino alla destra, «volevo trovare una copertura politica». Giunge così a difesa di Tarantini Giorgio Perroni, legale di Berlusconi ma anche dell'ex ministro Claudio Scajola. Secondo l'accusa questo intreccio di avvocati di Tarantini legati al premier può nascondere altro. Se, insomma, i party organizzati da Giampi a palazzo Grazioli avessero avuto aspetti di natura penale, lo scenario d'indagine potrebbe prendere altre pieghe. A cominciare, appunto, dai rapporti intercorsi fin da allora tra coloro che oggi sono configurati in procura a Napoli come un ricattatore (Tarantini, insieme alla moglie e a Lavitola) e ricattato (Berlusconi). Va però aggiunto subito che il faccendiere pugliese ha sempre ribadito un fatto: «Berlusconi non sapeva che a volte le pagavo (le escort, n.d.r.)». Tarantini, che oggi è difeso dagli avvocati Ivan Filippelli e Alessandro Diddi, ha risposto anche sulla società romana Andromeda, dove lavorava prima di essere arrestato, il cui titolare era - ha spiegato - amico di Lavitola. L'ipotesi dei pm è che su richiesta del Cavaliere sia stato il giornalista, ora latitante a Panama, a dare lavoro all'ex imprenditore delle protesi. Giampi, però, avrebbe dichiarato che aveva trovato quell'occupazione «facendo ricerche su internet».
Nel corso dell'incontro di ieri è poi emerso un giallo perchè, secondo i legali, «l'intercettazione pubblicata dall'Espresso non sarebbe presente nel fascicolo». In quella telefonata, secondo il settimanale, il presidente del Consiglio avrebbe detto a Lavitola, che gli aveva manifestato molte preoccupazioni a seguito dell'inchiesta di Napoli, di «non tornare» in Italia. Intanto dopo il 15 settembre si attende il deposito della chiusura indagini e di tutte le intercettazioni dell'inchiesta escort di Bari. Nel registro degli indagati dei pm Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis risultano una dozzina di indagati per reati che vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione e al favoreggiamento della prostituzione. Il ministro della Giustizia, Nitto Palma, ha intanto precisato che «non sono previste dal ministero» inchieste a tutela, che «mirano ad accertare fatti ed eventi rilevanti dal punto di vista disciplinare» poichè queste spettano al Csm. La richiesta era stata avanzata dal procuratore di Bari, Antonio Laudati, perchè il Guardasigilli inviasse ispettori nella sua Procura dopo le polemiche sorte con l'ex pm Giuseppe Scelsi.
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LA VICENDA
Le accuse e gli indagati
Gianpaolo Tarantini (foto) è accusato dalla procura di Napoli, insieme alla moglie Angela Devenuto e al direttore dell'«Avanti!» Valter Lavitola di estorsione ai danni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
Secondo l'accusa Tarantini avrebbe ricevuto dal premier una ingente somma di denaro (800mila euro) in cambio della garanzia di non mutare la propria strategia processuale nel processo che lo vede coinvolto a Bari per le feste con escort nelle residenze del premier