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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2011 alle ore 06:41.

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La Giunta per le autorizzazioni a procedere oggi dirà no alla richiesta d'arresto per Marco Milanese (Pdl) avanzata dalla procura di Napoli. È la scelta della Lega a essere determinante. L'annuncia il suo leader, Umberto Bossi: «A me non piace fare arrestare la gente». Ma i conti finali si faranno il 22 settembre, quando si esprimerà l'aula di Montecitorio a scrutinio segreto. In quell'occasione la Lega ha già detto ai suoi deputati di votare «secondo libertà di coscienza».

Nella votazione prevista stamattina la maggioranza in Giunta (7 Pdl, 2 Lega, un misto, un ex Responsabili) difenderà Milanese, come chiede il relatore Fabio Gava. Mentre l'opposizione (5 Pd, un Idv, 2 Fli e 2 Udc) darà ragione alle toghe campane. Ma l'esito del voto finale in assemblea è ancora tutto da prevedere. Perché si preannuncia una partita politica tutta all'interno della maggioranza, che naviga a vista con equilibri che si ricompongono ogni giorno. «Con l'annuncio di votare no all'arresto dell'onorevole Milanese la Lega di fatto abdica alla sua missione originaria: battersi per un Parlamento pulito» protesta il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro. «La Lega non tiene conto di un quadro accusatorio grave e robusto che riguarda la corruzione e comportamenti torbidi di soggetti che hanno importanti ruoli istituzionali» dichiara la capogruppo del Pd nella Giunta perle autorizzazioni della Camera, Marilena Samperi. Ancora più feroce il commento di Rosy Bindi, presidente del Partito democratico: «Penso che il popolo leghista stia vivendo una vera e propria crisi esistenziale, perché si è visto tradito in tutte le sue aspettative».

Il Carroccio «ha fatto una valutazione politica pensando solo ed esclusivamente ai suoi rapporti all'interno della maggioranza» aggiunge Donatella Ferranti (Pd). Voto disgiunto anche per l'Udc. Mentre i due componenti della giunta, Armando Dionisi e Pierluigi Mantini, voteranno per l'arresto del parlamentare, i deputati del gruppo voteranno in aula «secondo coscienza». Milanese, intanto, si difende e spara a zero contro il suo principale accusatore, Paolo Viscione, che definisce «l'unico ormai che mi accusi». Ma l'ex braccio destro del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, se la prende anche con i media: «Contro di me – protesta davanti ai componenti della giunta per le autorizzazioni a procedere – c'è stato un vero e proprio massacro mediatico».

In più, sottolinea, il «fumus persecutionis» è evidente visto che i pm di Napoli, afferma Milanese, credono a Viscione «che invece ce l'ha con me solo perché vuole vendicarsi: non gli candidai il figlio sindaco di Cervinara». Milanese ha criticato anche l'invio in giunta, da parte della procura di Napoli, del verbale dell'ex comandante generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo. Il parlamentare smentisce categoricamente di aver ricevuto una delega in esclusiva sulla guardia di Finanza da parte del ministro Tremonti, come sostiene D'Arrigo. Anzi, l'ex consigliere all'Economia si è chiesto perché mai i magistrati abbiano sentito solo D'Arrigo il quale, ha aggiunto, se aveva davvero tutti questi problemi con la Gdf, non si riesce a capire «perché non ne abbia parlato con il ministro». E ancora: di fronte all'accusa di aver svolto numerosi accessi alle cassette di sicurezza dei suoi conti correnti, l'averlo fatto una volta proprio nella stessa data in cui Paolo Viscione è stato arrestato «è del tutto casuale».

«Votiamo contro la richiesta di arresto nei confronti di Marco Milanese, perché non ci sono elementi oggettivi che suffraghino l'accusa» ha affermato il deputato del Pdl Maurizio Paniz. Secondo il deputato radicale Maurizio Turco - che voterà a favore dell'arresto - Milanese «si è difeso più dai suoi accusatori che dai magistrati. Quanto alle esigenze di custodia cautelare, che sia prevista dalla legge in vigore è loro responsabilità, è colpa loro e della loro inattività parlamentare – sottolinea il deputato radicale, in riferimento ai colleghi del Pdl – noi siamo contrari, ma finché la legge esiste va applicata».
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