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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2011 alle ore 09:32.

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Se quella breve, cordiale conversazione con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, svoltasi ieri sera a Palazzo Chigi, si rivelerà effettivamente la premessa di un percorso istituzionale che porta alla sua nomina come successore di Mario Draghi, Fabrizio Saccomanni non si troverà certo impreparato nell'affrontare tutti i più complessi dossier che sono diretta pertinenza della Banca centrale italiana. Tutto si può dire di quello che oggi appare come il candidato in pole position per la poltrona di numero uno a Palazzo Koch, tranne che si tratti di un banchiere centrale overnight, una di quelle professionalità costruite nello spazio di una notte.

Le tempie grigie, spuntate dopo 40 anni di lavoro a via Nazionale, in un mestiere come il suo sono una garanzia. E Saccomanni, che ha quel genere di umorismo immortalato da Ennio Flaiano, tipico della gente nata a Roma, ci scherza senza problemi: «Sono nato nello stesso giorno dell'Assonime, il 22 novembre, ma non nello stesso anno ‐ ha detto qualche tempo fa celebrando il centenario dell'associazione fra le società quotate ‐ anche se qualche improvvisato biografo in questi giorni mi fa apparire più vecchio di quello che sono».

Non si sa ancora se questa sarà la scelta finale, che potrebbe avvenire il 28 settembre prossimo visto che per quella data c'è un Consiglio superiore della Banca centrale convocato per ora in via ordinaria, e il Quirinale ancora ieri ha ribadito che «è importante che la procedura di nomina sia portata sino in fondo». Di sicuro, però Saccomanni, da numero due di Draghi è l'uomo che ha disegnato per intero il restyling della Banca, negoziando con i dipendenti una drastica cura dimagrante per quelle che in origine erano più di 100 filiali distribuite nelle province italiane. Ed è quello che conosce a fondo tutti i gangli operativi dell'istituto e tutti i ruoli che il banchiere centrale italiano è chiamato a interpretare. A cominciare da quello che oggi appare come il più delicato: la presenza come rappresentante dell'Italia nel governing council della Bce, con il monitoraggio su tutte le iniziative decise a Francoforte per garantire la salute dell'euro compreso il programma di interventi sul mercato secondario dei titoli di Stato che ha permesso sinora di contenere la febbre degli spread per i buoni del tesoro italiani e spagnoli. Non a caso secondo quanto è trapelato ieri sera nell'incontro a Palazzo Chigi si sarebbe parlato anche dei possibili nuovi interventi coordinati per garantire liquidità al sistema finanziario internazionale da parte delle banche centrali più forti del mondo.

Il secondo compito della Banca centrale che Saccomanni conosce alla perfezione (e del resto è spettata a lui in epoca recenti riferire in seno al comitato per la stabilità finanziaria che è diretto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti) riguarda la necessità di assicurare la stabilità finanziaria, basata sulla sana e prudente gestione di sistema creditizio. Da tempo Bankitalia non perde occasione per spronare le banche italiane a tenere la guardia alta sul fronte del rafforzamento patrimoniale e un po' tutti si stanno adeguando (a cominciare dalla Banca popolare di Milano che ha concordato con Bankitalia che entro la fine del mese dovrà approvare la nuova governance e lanciare l'atteso aumento di capitale).

Ma c'è un altro compito che Bankitalia ha svolto con grande puntualità sinora e che certamente attende il successore di Mario Draghi: si tratta di quel ruolo di consulenza neutrale, essenziale per le scelte di politica economica del governo. Un compito per il quale via Nazionale non si stanca di suggerire, da molto tempo di affiancare ai necessari interventi per il risanamento e per la cura di uno stock del debito pubblico che pesa come un macigno sull'economia italiana i necessari interventi per la crescita. Anche su questo terreno Saccomanni si trova da tempo in piena sintonia con Mario Draghi: «L'economia italiana deve accelerare il passo se vuole rimanere nel novero delle economie avanzate» ha ricordato il direttore generale di via Nazionale in un recente intervento, spezzando anche una lancia a favore dell'opportunità di «alleggerire l'onere fiscale che oggi grava sui lavoratori e sulle imprese oneste» a fronte di una più decisa lotta all'evasione fiscale.

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