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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2011 alle ore 06:37.

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Imputazione coatta per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e iscrizione nel registro degli indagati per l'ex direttore del Giornale, Maurizio Belpietro. Questa volta è la vicenda dei file con l'intercettazione della telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte all'epoca della fallita scalata di Unipol a Bnl («Allora, abbiamo una banca?») ad aprire un nuovo fronte giudiziario per il premier. Il giudice per le indagini preliminari Stefania Donadeo ha ordinato alla procura di Milano di chiedere entro dieci giorni il rinvio a giudizio di Berlusconi con l'accusa di concorso in rivelazione di segreto d'ufficio.
«La condotta tenuta da Silvio Berlusconi nella sua abitazione la sera del 24 dicembre 2005 e il dato storico dell'avvenuta pubblicazione» sul Giornale «nei giorni immediatamente successivi – scrive il gip – costituiscono circostanze di fatto comprovanti il suo concorso nella pubblicazione». La procura di Milano aveva chiesto l'archiviazione ma probabilmente già oggi il sostituto procuratore Maurizio Romanelli potrebbe depositare la richiesta di rinvio a giudizio.
La vicenda da cui prende avvio l'inchiesta si svolge sei anni fa. Il 31 dicembre 2005 il Giornale pubblica l'intercettazione della telefonata tra il segretario dei Ds e l'amministratore delegato di Unipol, nella quale Fassino pronuncia scherzosamente la famosa frase «Allora, abbiamo una banca?». L'intercettazione non era ancora depositata agli atti, né era stata trascritta. Esisteva solo come file audio nei computer dei pm, della Guardia di Finanza e della Research control system, l'azienda che effettuava le intercettazioni per conto della procura. Era stata sottratta da Roberto Raffaelli, amministratore della società e, attraverso l'imprenditore Fabrizio Favata, fatta ascoltare prima a Paolo e poi a Silvio Berlusconi, la sera della vigilia di Natale del 2005.
Secondo il gip, il premier ascoltò l'audio della telefonata «e la sua reazione dinanzi alla rivelazione da parte di un incaricato di un pubblico servizio di una notizia coperta da segreto d'ufficio e riguardante un esponente politico» non fu «di disapprovazione bensì di compiacimento e di riconoscenza». Non solo. Dopo la pubblicazione, «tramite il fratello Paolo», Berlusconi «ringrazia di nuovo Raffaelli e Favata del regalo fattogli assicurando gratitudine eterna». Dunque, aggiunge il gip, il file dell'intercettazione fu «un regalo ricevuto» da Berlusconi, «unico interessato alla pubblicazione della notizia riguardante un avversario politico... stante l'approssimarsi delle elezioni». E in effetti, secondo gli esperti di flussi elettorali, la pubblicazione del colloquio Fassino-Consorte spostò numerosi voti alle elezioni del 2006 vinte dal centro-sinistra con un margine risicato.
«La decisione del gip di Milano conferma che ai danni dell'onorevole Fassino è stata ordita una trappola al fine esclusivo di denigrare il leader del principale partito di opposizione», ha commentato il portavoce dell'attuale sindaco di Torino. Ma il Pdl, per bocca di Fabrizio Cicchitto, parla di «attacco a testa bassa da parte di un settore della magistratura». E l'avvocato-deputato del premier, Niccolò Ghedini, definisce l'imputazione coatta una decisione «assolutamente incredibile».
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