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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2011 alle ore 06:39.

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Arrivano i programmi straordinari di smaltimento dell'imponente arretrato (oltre 500mila cause tra Consiglio di Stato e Tar) che affligge la giustizia amministrativa. Con un po' di fantasia si potrebbe leggere come un "regalo" di compleanno la delibera che il Consiglio di presidenza, l'organo di autogoverno dei magistrati amministrativi, ha approvato giovedì e che dà l'avvio all'operazione che in un biennio dovrebbe portare ad archiviare 300mila vecchi fascicoli. La novità, infatti, arriva a un anno esatto dal debutto del codice della giustizia amministrativa, avvenuto il 16 settembre 2010. Ed è stato proprio il codice a prevedere le misure straordinarie anti-arretrato.
Nella prima versione lo smaltimento delle vecchie cause era, anzi, interamente delegato alla magistratura amministrativa, che avrebbe potuto organizzare una sorta di sezioni stralcio domestiche, chiamando all'appello i giudici desiderosi di arrotondare lo stipendio, purché non in ritardo con il lavoro normale.
L'impianto nella sostanza è rimasto, ma il testo finale del codice – quello della commissione insediata a Palazzo Spada è stato poi emendato da Palazzo Chigi – ha optato per un meccanismo più articolato: il Consiglio di presidenza propone gli interventi straordinari di smaltimento, che però devono essere riversati, con il placet del ministero dell'Economia, in un decreto.
Il ministero dell'Economia non dovrebbe, però, avere da ridire. Perché se è vero che l'operazione straordinaria anti-arretrato comporterà nuove spese – il costo lordo per archiviare una vecchia sentenza sarà di 130 euro lordi, conseguenza anche dei 1.300 euro a udienza riconosciuti al giudice – allo stesso tempo si scongiureranno gli esborsi pagati, in virtù della legge Pinto, per la lunghezza dei processi. Si tratta, infatti, di un risarcimento di 750 euro all'anno per i ricorsi con quattro anni sulle spalle, che diventano mille euro dal settimo anno in poi.
«Ecco perché – spiega Pasquale de Lise, presidente del Consiglio di Stato e coordinatore della commissione che ha dato vita al codice – anche di fronte alle lettere che continuiamo a inviare per capire se le parti hanno ancora interesse a proseguire nel contenzioso, spesso ci sentiamo rispondere di sì. Nonostante si tratti di cause vecchissime».
La possibilità di predisporre misure straordinarie di smaltimento è dunque un elemento che, nel bilancio di un anno, assegna al codice un punto a favore. «Ma anche il giudizio complessivo – aggiunge de Lise – è senz'altro positivo. È stata, infatti, portata a termine un'operazione mai riuscita prima, che ha consentito di mettere ordine in una legislazione alluvionale accumulatasi dal 1907, anno del regolamento di procedura davanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in avanti. Il risultato ha funzionato ed è pure stato apprezzato dagli esperti stranieri».
Certo, ci sono ancora parti del codice da mettere a punto. Una prima serie di modifiche è stata approvata in via preliminare dal consiglio dei ministri e ora è all'esame del Parlamento. «Ritengo – afferma de Lise – che prima della scadenza dei due anni accordati per gli interventi correttivi, almeno un altro decreto di aggiustamento sarà necessario».
«Spingeremo perché vi sia contenuta – sottolinea Giampiero Lo Presti, presidente dell'Anma, l'associazione dei giudici dei Tar – anche la modifica al meccanismo di composizione del collegio, che come è ora non consente flessibilità. Chiediamo di ritornare al vecchio sistema, che consentiva una maggiore rotazione dei componenti».
Per il resto, anche il giudizio di Lo Presti è positivo: «I dubbi che avevamo espresso lo scorso anno, chiedendo di rinviare il debutto del codice, si sono ridimensionati. E non per l'infondatezza di quelle perplessità, ma perché non ci siamo tirati indietro e abbiamo fatto fronte al lavoro, che, come temevamo, è comunque aumentato. Nel complesso, però, il codice ha funzionato».
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