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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2011 alle ore 16:56.

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«Fra qualche ora sicuramente saprò apprezzarlo di più, questo argento. Per ora sono ancora un po' arrabbiato….». Carlo Magri, presidente della Federvolley italiana, risponde al telefono da Vienna con ancora addosso l'adrenalina di una finale europea in cui l'oro c'è sfuggito per centimetri, esperienza, dettagli insomma. Ma il presidente, che dopo il quarto posto delle Olimpiadi Pechino e dei Mondiali di Roma aveva voluto l'avvicendamento in panchina tra Anastasi e Berruto, non si sottrae al compito di guardare oltre questo secondo posto, per capire il valore vero di una medaglia che torna a splendere nella bacheca azzurra dopo sei anni di digiuno.

«Dobbiamo essere soddisfatti di quello che abbiamo fatto. Volevamo prima di tutto il pass per la coppa del Mondo in Giappone a novembre, che qualifica ai Giochi di Londra 2012. È un obiettivo decisivo che abbiamo centrato. Perciò quest'argento vale doppio».

Per acciuffarlo, quell'oro, è mancato davvero poco…
«È vero. Forse abbiamo sbagliato un po' di più rispetto alle gare precedenti, forse abbiamo avuto un po' di sfortuna e qualche decisione arbitrale sfavorevole. Ma anche questa è un'esperienza preziosa per un gruppo che sta crescendo e continuerà a farlo».

A posteriori, la scelta di rinunciare ad Anastasi per dare il via al nuovo corso nel segno di Berrutto si è rivelata vincente?
«Sì, e lo si vede dalla nuova atmosfera che c'è nel gruppo, da tanti piccoli segnali che testimoniano di come qualcosa sia cambiato nella gestione della squadra e dello spogliatoio. Chiaro poi che l'obiettivo sono le medaglie, e quando arrivano vuol dire che il lavoro di tutti sta dando i suoi frutti. Non dobbiamo dare mai questi risultati per scontati: credete sia stato facile battere nettamente la Polonia campione in carica? Alla fine i polacchi hanno lasciato fuori dal podio la Russia».

Cosa le è piaciuto di più di questa Italia?
«Beh, devo dire che la regia di Travica (eletto miglior palleggiatore del torneo, ndr) ci ha dato un valore aggiunto, ma anche l'efficacia offensiva di capitan Savani è stata preziosa, insieme all'esperienza di Mastrangelo.

Fa sensazione vedersi soffiare l'oro da un campione come Milijkovic, che ha costruito dalle nostre parti un bel pezzo della sua leggenda…
«Campione inarrivabile, ma anche maestro di furbizia; ha passato ore e ore a parlare e scherzare con gli arbitri durante la partita! Così li ha condizionati e poi è arrivato fresco nel momento che contava! (ride, ndr). Anche questa è un'esperienza preziosa per i nostri ragazzi».

Quanto vale questa medaglia per un movimento che forse si era fermato ai fasti dell'era Velasco-Bebeto-Montali?
«Molto, moltissimo. Anche perché il movimento nel suo complesso non si è mai fermato. Basti guardare ai risultati delle donne, che fra pochi giorni saranno impegnate proprio nell'Europeo che organizziamo insieme alla Serbia. E non dimentichiamo che dagli anni Novanta il mondo è cambiato, e quindi anche la pallavolo. Stanno tornando le grandi scuole dell'Est. Siamo fra le quattro migliori d'Europa con Serbia, Polonia e Russia, Paesi che vent'anni fa erano nel vivo della metamorfosi post-sovietica. Mi creda, in questo nuovo scenario un quarto posto può valere un successo di allora. Si figuri poi l'argento di Vienna!».

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