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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2011 alle ore 08:45.

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ROMA. Due giorni fa, con l'annuncio dello schema di regolamento che dà attuazione al taglio dei componenti, i primi a protestare erano stati i sindacati, vista la scelta del Governo di dimezzare (da 99 a 48) il numero dei rappresentanti delle parti sociali nel parlamentino del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Ieri a scendere in campo contro il prospettato riassetto del Cnel, per il quale è stata comunque confermata la scadenza naturale dell'attuale consiliatura nel 2015, sono state tutte le associazioni produttive e l'Abi.

Per Confindustria - che assieme ad altre categorie aveva avanzato la proposta di una riduzione dei componenti nel Consiglio in maniera proporzionale tra tutte le componenti - lo schema proposto da Berlusconi è inaccettabile. Per gli industriali il tentativo è quello di «ridimensionare il ruolo e la rappresentatività delle parti sociali nella sede istituzionale loro riconosciuta dalla stessa Costituzione». Un Cnel asservito alla politica non serve a nulla, è la conclusione di Confindustria che, come i sindacati, non ha gradito un taglio che dimezza i rappresentanti delle parti sociali lasciando invariato il numero degli esponenti delle associazioni di volontariato (dieci) mentre saranno 12 gli «esperti qualificati» provenienti dal mondo dell'economia, della politica e della cultura.

La posizione di Confindustria non si discosta dalle critiche espresse da Ania, Rete Imprese Italia, l'Alleanza delle cooperative, Confesercenti e Confagri. In pratica l'intero mondo delle categorie produttive, la cui voce, come quella dei sindacati, è stata subito colta dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «È nostra intenzione correggere presto quella norma ‐ ha assicurato - per conciliare il rapporto tra tecnici e rappresentanti delle organizzazioni sociali». Un annuncio accolto positivamente da diverse associazioni e dell'Abi che, in una nota, aveva a sua volta espresso la propria contrarietà al riassetto prospettato. L'annuncio di Sacconi è stato accolto con soddisfazione anche Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl: «Ma il ripensamento, che attendiamo alla prova dei fatti - ha detto - non cancella il significato negativo dello schema di regolamento adottato dal Consiglio dei ministri».

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