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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2011 alle ore 08:13.

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MILANO
Si ritroveranno per la prima volta faccia a faccia domenica 9 ottobre, Filippo Penati e i magistrati di Monza che indagano sul presunto giro di tangenti a Sesto San Giovanni. I pm Walter Mapelli e Franca Macchia hanno dunque deciso che è arrivato il momento di interrogare l'ex vicepresidente della Regione Lombardia indagato per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti e hanno scelto una domenica per l'interrogatorio. È stato lo stesso Penati a comunicare la notizia: «Attraverso i miei legali – ha scritto in una nota l'esponente del Pd sospeso dal partito il 5 settembre – ho chiesto ai procuratori della Repubblica di Monza di essere sentito e ciò avverrà il giorno 9 ottobre».
I magistrati avevano chiesto l'arresto di Penati e del suo ex braccio destro Giordano Vimercati ma il gip Anna Magelli, pur riconoscendo la gravità delle accuse, aveva respinto la richiesta perché i reati di concussione sono prescritti. Le indagini, aveva scritto il giudice nell'ordinanza, «dimostrano l'esistenza di numerosi e gravi fatti di corruzione posti in essere da Filippo Penati e da Giordano Vimercati nell'epoca in cui questi rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali, prima presso il Comune di Sesto San Giovanni e poi presso la Provincia di Milano», ma «l'applicazione di qualsivoglia misura cautelare è preclusa dall'intervenuta causa di estinzione del reato».
I punti che Penati dovrà chiarire davanti ai magistrati sono numerosi. L'inchiesta che ha preso le mosse dalle accuse degli imprenditori Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini sulle tangenti a Sesto, si è infatti via via allargata al ruolo delle coop rosse e ai finanziamenti a Fare Metropoli, l'associazione utilizzata da Penati per foraggiare l'attività politica dal 2008 a oggi. E sono poi approdate alla Milano-Serravalle, e cioè all'acquisto da parte della Provincia di Milano di un pacchetto del 15% della società autostradale pagato al gruppo Gavio 240 milioni di euro.
I pm stanno cercando di capire se dietro la compravendita si nascondesse qualcos'altro: tangenti oppure un accordo tra gli ex Ds e l'imprenditore Marcellino Gavio per consentire a quest'ultimo di finanziare l'acquisto di titoli Bnl e partecipare così al fianco di Unipol alla scalata all'istituto di credito nell'estate del 2005. Dalle indagini sono emerse finora strane coincidenze. Il 3 agosto 2005, cinque giorni dopo aver incassato i soldi dalla provincia di Milano, la Satap (una delle tre società del gruppo Gavio che deteneva i titoli Serravalle), rimborsa 32 milioni di euro alla Banca di Roma, 14,7 alla Banca popolare italiana di Gianpiero Fiorani e 6 milioni alla Banca Passadore. Il resto dei soldi viene girato alla Argo, la cassaforte del gruppo, perquisita due volte dalla Guardia di Finanza nei giorni scorsi. C'è poi da chiarire il ruolo di Banca Intesa. Un manager dell'istituto, Maurizio Pagani, è stato iscritto nel registro degli indagati e i magistrati hanno ascoltato come testimone l'ex direttore generale Pier Francesco Saviotti. Intesa finanziò la Provincia di Milano nell'operazione e come garanzia chiese in pegno non solo il 15% ma l'intero pacchetto del 52% controllato dalla Provincia.
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