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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2011 alle ore 08:17.

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Il nome non lo fa mai, ma è chiaro che il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ha parlato soprattutto del premier Berlusconi. «I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune» ha detto ieri il porporato nella prolusione al Consiglio Permanente. E ha rincarato: «C'è da purificare l'aria, perché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate».

Naturalmente il discorso è di carattere generale. Ma l'appello che arriva a metà discorso sembra contenere una richiesta abbastanza chiara: «Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto. Solo comportamenti congrui ed esemplari infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a desistere dal pericolo gioco dei veti e degli egoismi incrociati».

Quella di Bagnasco è una presa di posizione attesa, specie dopo che Benedetto XVI (che nei giorni precedenti ha visto il cardinale), giovedì scorso in un telegramma al presidente Napolitano aveva auspicato un "rinnovamento etico". In passato i vertici della Cei erano più volte intervenuti ma il discorso di ieri segna uno spartiacque. Intanto oggi Bagnasco incontrerà il sottosegretario Gianni Letta in un evento a Palazzo Borromeo organizzato dall'ambasciatore presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, dove sarà presente anche il nuovo "numero tre" della Curia, Giovanni Angelo Becciu.

«Colpisce la riluttanza a riconoscere l'esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie – ha proseguito il cardinale – amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l'impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità. Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui». Mentre «si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica», Bagnasco è tornato a richiamare «la misura, la sobrietà la disciplina, l'onore» a cui è tenuto chi «sceglie la militanza politica».

E tanto per non tralasciare nulla, ha aggiunto: «La questione morale non è un'invenzione mediatica». Con punzecchiature anche a magistratura e stampa: «Colpisce l'ingente mole di strumenti di indagine. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò dedicate». Con richiami bipartisan: la «questione morale» non è «una debolezza esclusiva di una parte soltanto» e «non riguarda i singoli». Poi l'economia. A partire dalla finanza. Le agenzie di rating «hanno continuato a far valere la loro autarchica e misteriosa influenza, imponendo ulteriori carichi alle democrazie». E la richiesta di un patto tra generazioni che sia in grado di raccordare fisco, previdenza e pensioni avendo come volano un'efficace politica per la famiglia. E la denuncia di due gravi mali italiani: la corruzione («una piovra») e l'evasione fiscale («cancro sociale»). Infine una mano testa al centro-destra, con l'auspicio di approvazione in Senato della legge sul fine vita.

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