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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2011 alle ore 08:05.

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Il Consiglio superiore della Banca d'Italia che si riunisce quest'oggi non prenderà in considerazione il parere sulla nomina del successore di Mario Draghi, che dal primo novembre sarà presidente della Banca centrale europea in Banca d'Italia.
Manca infatti il presupposto per l'esame e resta alle prime battute il percorso descritto dalla legge (la numero 262 del 2005, meglio nota come riforma del risparmio e applicata per la prima volta, in modo particolarmente felice e lineare per la nomina di Draghi, subito dopo l'uscita burrascosa del governatore Fazio). Al consigliere anziano del consiglio superiore non è arrivata alcuna lettera: in altre parole, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi non ha ancora formulato la sua, univoca, proposta sul nome del futuro governatore di Bankitalia.

Il candidato in pole position, peraltro, era e rimane il direttore generale di via Nazionale, Fabrizio Saccomanni; ma la determinazione a chiudere rapidamente da parte del governo, nonostante il fatto che la crisi imperversante sui mercati finanziari internazionali consiglierebbe da tempo una scelta tempestiva, non è ancora tale da consentire uno sblocco rapido della procedura.
Del resto, anche nel colloquio del 21 settembre scorso con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio non aveva dato l'impressione di voler accelerare i tempi su questa scelta: prevalevano, ed evidentemente continuano a prevalere, altre preoccupazioni che hanno molto a che vedere con le fortissime tensioni interne al governo e con scontri al calor bianco e /o mediazioni possibili con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Il ministro, da un punto di vista formale non ha potere d'iniziativa sulla nomina (la legge recita infatti che la nomina del governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia). Ma va da sè che il parere del responsabile di via XX settembre conta, eccome. E il ministro non avrebbe ancora modificato la sua preferenza iniziale: che era e rimane, al momento, quella di vedere Vittorio Grilli, attuale direttore generale del Tesoro insediato alla guida di via Nazionale.
Una scelta che, al di là degli indiscutibili meriti professionali e del curriculum di prim'ordine dell'economista milanese, verrebbe vissuta dalla struttura di via Nazionale, che da tempo aveva fatto capire i propri desideri a favore di una candidatura interna, come una sorta di ferita all'autonomia della Banca centrale italiana.

Anche se in tutte le sedi istituzionali deputate a perfezionare la scelta le bocche sono rimaste cucite nella serata di ieri è trapelato che il ministro dell'Economia avrebbe spezzato una lancia per la nomina di Grilli sia con il presidente della Repubblica sia con Berlusconi.
Dal canto suo, il presidente Napolitano non avrebbe potuto far altro che ribadire come le attuali, forti tensioni politiche (comprese quelle che tuttora impediscono una decisione tempestiva per la guida di Bankitalia) debbano in primo luogo trovare una composizione interna al governo. Non avrebbe senso, infatti, l'idea di un candidato del presidente della Repubblica e meno che mai una proposta del Quirinale. Al quale, secondo il dettato della legge, compete, invece, di concorrere con le sue valutazioni alla definizione di una proposta che possa ottenere il massimo della condivisione e che tuteli l'autonomia della Banca centrale.

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