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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2011 alle ore 06:40.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
I numeri sono impietosi: nel 2007, al momento dell'elezione di Nicolas Sarkozy, la destra francese aveva 203 senatori su 343. Oggi, dopo aver perso nel frattempo tre sfide elettorali - le comunali del 2008, le regionali del 2010 e le provinciali del 2011 - le forze che sostengono il presidente, quindi il Governo, hanno 171 seggi al Senato. E l'Ump, il partito presidenziale, è passato dalla maggioranza assoluta del 2004 a 124 seggi. In occasione del rinnovo di metà della Camera Alta (170 posti su 348), la sinistra ha così conquistato - per la prima volta nella Quinta Repubblica, dal 1958 - la maggioranza del Senato: 177 seggi, due in più rispetto alle più rosee previsioni.
Si tratta di una vittoria evidente dei socialisti, che passano da 111 a 123 senatori, ma anche dei Verdi, da 4 a 10. Mentre l'Ump ne perde ben 23.
Dal punto di vista concreto, dei processi legislativi, cambia poco. Nel sistema francese il Senato ha un ruolo subalterno rispetto alla Camera, l'Assemblée nationale, che ha l'ultima parola e il cui controllo è saldamente in mano al centro-destra. Può fare dell'ostruzionismo, può costituire delle commissioni d'inchiesta che certo rischiano di rappresentare delle spine nel fianco della maggioranza, e poco altro. Da questo punto di vista l'unica conseguenza concreta è che Sarkozy ha dovuto rimettere nel cassetto l'idea di convocare le due Camere a Congresso per ottenere la revisione della Costituzione con l'inserimento del vincolo del pareggio di bilancio, la cosiddetta "regola d'oro" alla quale teneva molto, per la quale è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi.
La destra, con un comunicato del premier François Fillon, ha cercato di minimizzare, spiegando i risultati come l'automatica conseguenza delle elezioni locali (il Senato viene votato da grandi elettori rappresentanti di Comuni, Province e Regioni), a loro volta condizionate dalla crisi economica.
Ma per l'opinione pubblica la realtà è un'altra: se la sinistra riesce a vincere oggi - nonostante le divisioni nel partito socialista acuite dall'approssimarsi delle primarie, la mancanza di un leader e gli scandali per corruzione nel Ps marsigliese - vuol dire che a maggior ragione è in grado di vincere domani. Nell'unico voto che conta, quello presidenziale, tra fine aprile e inizio maggio del 2012.
Tanto più che su Sarkozy aleggia l'affare Karachi, una oscura vicenda di tangenti versate al Pakistan a metà degli anni 90 in occasione della vendita di alcuni sottomarini, una parte delle quali sarebbe rientrata in Francia per finanziare la campagna presidenziale dell'allora premier Edouard Balladur, di cui Sarkozy era il portavoce. Vicenda riemersa la scorsa settimana e che già sembra aver avuto un peso nell'aver spostato a sinistra il voto di alcuni grandi elettori del Senato ancora incerti.
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