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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2011 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 27 settembre 2011 alle ore 08:24.

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I numeroni fanno sempre stragi di cuori. Piacciono, a prima vista, seducono perché fanno sognare. È circolata l'ipotesi di un fondo salva-Stati con una potenza di fuoco da 3mila (o 2mila, perché no) miliardi di euro e questa cifra mozzafiato ha sostenuto le Borse - oscurando provvisoriamente i timori di recessione e default greco - e ha contribuito a riportare lo spread tra BTp e Bund a 385 punti, con il rendimento dei titoli tedeschi in risalita dall'1,71 all'1,81 per cento.

Ma esiste un precedente: quando esplose il caso della Grecia, nel maggio 2010, il clamore dell'annuncio del piano da "one trillion dollars" fu seguito da una crisi senza precedenti del debito sovrano europeo. Nella sua prima versione (quella attuale) l'Efsf può emettere bond fino a 225 miliardi, nella seconda (non ancora attuata) 440 miliardi in vista del fondo permanente Esm (anticipato forse dal 2013 al 2012) con una capacità di intervento da 500 miliardi. Ma non basta. Quando a Grecia, Portogallo e Irlanda la crisi di fiducia si è allargata a Spagna e Italia, il mercato ha calcolato che le risorse per ipotetici salvataggi degli Stati europei in crisi di liquidità sarebbero dovute lievitare ad almeno 2mila miliardi (le aste a medio-lungo termine di Italia e Spagna potrebbero superare i 1.200 miliardi nel 2012-2015).

Miliardo più miliardo meno, l'arsenale delle munizioni è lievitato verso quota tremila, una cifra che in realtà sta a significare "senza limiti". Il mercato reclama un'Eurolandia in grado di attingere a un bacino di risorse illimitate per arginare qualsiasi forma possa assumere in futuro la crisi del debito: ricapitalizzare le banche, sostituirsi alle aste dei titoli di qualsiasi Stato, coprire i fabbisogni pubblici per evitare default.

La cifra di per sé è un simbolo. E c'è da aspettarsi che, dopo l'infatuazione, dalla forma il mercato passerà alla sostanza. Le uniche risorse illimitate disponibili sono quelle delle banche centrali, e quindi Bce: per questo è spuntata ieri l'idea di un Efsf che si finanzi tramite Francoforte. Altra fonte "illimitata" è la leva: l'Efsf potrebbe garantire in parte (il 20%?) le emissioni dei titoli di Stato di Paesi in crisi di liquidità, consentendo alla Bce di acquistarne senza scrupoli (fino a 2.200 miliardi?). Oppure per estendere a dismisura i confini del superveicolo si potrebbero rilanciare le cartolarizzazioni: impacchettare bond o prestiti dell'Efsf per erogarne dei nuovi. Leverage e asset-backed securities tornano al centro del dibattito, questa volta schierati dalla parte dei "buoni".

Che siano 2mila o 3mila miliardi, con o senza leva, con o senza Abs, queste risorse diventeranno un fardello per gli Stati con le spalle larghe. Eurostat lo ha messo bene in chiaro quando ha contabilizzato gli Efsf-bond come debito pubblico, ripartendoli nello stock dei debiti degli Stati garanti dell'Efsf stesso. Il pozzo senza fondo dal quale attingere potrebbe costare il rating "AAA" a Germania e Francia, persino alla Bce, all'Efsf e all'Esm. Quando il mercato si sveglierà dal sogno da 3mila miliardi, i politici europei dovranno essere pronti a evitare che Borse e spread ripiombino nell'incubo.

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