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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2011 alle ore 15:17.

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Josè Manuel Barroso (Epa)Josè Manuel Barroso (Epa)

La crisi dei debiti pubblici degli Stati europei - in particolare il rischio che la Grecia vada in bancarotta - fa rimbalzare notizie da Strasburgo come le palline di un flipper. A partita finita, il presidente della Commissione Ue, il portoghese José Manuel Barroso, porta a casa l'adozione della Tobin Tax: «Sono fiero di poter dire che la Commissione europea ha adottato una proposta per la tassa sulle transazioni finanziarie», annuncia Barroso, nel discorso sullo Stato dell'Unione a Strasburgo, precisa che la Tobin tax, «se varata, consentirà di avere entrate per 55 miliardi di euro l'anno», ribadisce il suo «sì» agli Eurobond.

Il varo della Tobin tax però è tutt'altro che scontato visto che un accordo politico fra gli Stati dell'Eurozona sembra lontano. La partita chiarisce, se ce ne fosse bisogno, la frattura fra i leader politici europei. Barroso sottolinea che la crisi «ha superato la stretta sfera finanziaria» ed è ora «di ordine politico»: «Esistono soluzioni a questa crisi. L'Europa ha un avvenire» ha assicurato. Come il cancelliere Merkel ieri, il presidente della Commissione Ue manda messaggi rassicuranti ad Atene («La Grecia è e resterà un membro dell'Eurozona»), ma coglie l'occasione per schierarsi contro la proposta franco-tedesca di creare una nuova carica europea sulla governance economica dell'area euro che farebbe riferimento ai Governi dei Paesi Ue.

«È la Commissione europea il governo economico dell'Unione, e su questo non abbiamo bisogno di altre cariche» dice Barroso nel suo discorso a Strasburgo. Posizione che contraddice l'idea avanzata ad agosto da Francia e Germania, che hanno ventilato un «governo economico» dell'area euro da affidare al presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, il belga appassionato di origami oggi bersaglio di duri attacchi da parte di diversi eurodeputati. «È uno che se ne sta nascosto dietro alla porta», dice il tedesco Martin Schultz (lo stesso cui nel 2003 Berlusconi disse: «Lei sarebbe perfetto come kapò in un film sui campi di concentramento nazisti»).

Schulz si schiera contro l'asse Parigi-Londra e afferma: «Nell'Ue non abbiamo bisogno di soggetti che sono espressione della diplomazia delle capitali: ci serve invece potenziare le istituzioni comunitarie». Barroso, in modo più diplomatico, precisa: per gestire le questioni economiche comunitarie «abbiamo bisogno più che mai dell'autorità indipendente della Commissione. I Governi non possono fare da soli. Tantomeno questo si può fare tramite negoziati tra Governi». Posizioni simili sono state espresse ieri dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che, sempre all'Europarlamento, ha detto: un eventuale ruolo di comando sull'economia avrebbe dovuto riguardare il commissario agli Affari economici, Olli Rehn.

Nel frattempo, l'Europarlamento approva a maggioranza un pacchetto di misure per la riforma e il rafforzamento della governance economica europea, nuove regole - auspicate ieri a Berlino dal cancelliere Merkel - che inaspriscono la supervisione preventiva delle politiche di bilancio e macroeconomiche, rafforzano le procedure di correzione degli squilibri nei conti pubblici che possono portare alle sanzioni economiche. Soprattutto, permettono una procedura per deficit eccessivo anche con un disavanzo sotto il 3%, ma con un debito pubblico che non scende a ritmo soddisfacente verso il 60% del Pil.

Intanto, il Parlamento della Finlandia, che nei mesi scorsi si è schierato contro i salvataggi de Portogallo, e dove alle ultime elezioni c'è stata un'avanzata del partito di estrema destra populista ed euroscettico - ha approvato oggi la proposta di legge che prevede l'espansione del fondo salva-Stati. La misura, approvata con 103 voti a favore e 66 contro, prevede l'attuazione dell'accordo del 21 luglio dei Capi di Stato dell'Eurozona e in particolare l'aumento della dotazione dello European Financial Stability Facility (Efsf) a 440 miliardi di euro dai precedenti 250. È inoltre autorizzata la possibilità da parte del fondo di acquistare titoli di Stato europei sul mercato secondario e di mettere linee di credito a disposizione dei Paesi in difficoltà.

Segnali positivi nei negoziati tra il governo greco e la Troika, Ue-Fmi-Bce, incaricata di verificare l'attuazione del risanamento delle finanze pubbliche greche dalla cui applicazione dipendono gli aiuti finanziari di Unuone europea e Fondo monetario internazionale. Due settimane fa, la Troika aveva lasciato Atene dopo aver accertato che gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico rischiavano di non essere rispettati. Si era dunque bloccata l'erogazione della sesta tranche (8 miliardi) del prestito complessivo di 160 miliardi di euro. Proprio nei giorni scorsi il governo greco ha approvato ulteriori misure di austerità allo scopo di sbloccare l'erogazione dei prestiti. L'annuncio della Commissione rappresenta dunque un passo avanti per evitare che Atene resti senza soldi a partire da metà ottobre.

Obama: «Risposta europea non abbastanza efficace»
Il presidente Usa, Barack Obama, in serata punta ancora l'indice contro l'Europa: la crisi di debito continua a pesare anche sull'economia americana, ma i governi del Vecchio Continente non stanno facendo abbastanza. «In Europa il sistema bancario e quello finanziario non sono gestiti nel modo efficace che sarebbe necessario», ha detto Obama rispondendo a una domanda durante una tavola rotonda organizzata alla Casa Bianca. Successivamente, il portavoce del presidente Jay Carney ha precisato che l'amministrazione americana è in contatto con i governi europei «a livello presidenziale e ministeriale» per chiedere «vigorose azioni» per gestire la crisi, che rimane «un motivo di preoccupazione». Già nei giorni scorsi Obama aveva detto che la situazione in Europa «sta spaventando il mondo intero», mentre il segretario del Tesoro Timothy Geithner ha più volte usato toni duri nei confronti delle controparti europee.

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