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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2011 alle ore 06:38.

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ROMA.
La Procura di Bari riceverà stamane dai colleghi di Roma il fascicolo sul caso Lavitola-Berlusconi. Giovanni Ferrara e Piero Saviotti, procuratore capo e aggiunto nella capitale, così hanno deciso ieri: tratteranno solo la parte dell'inchiesta sulla presunta estorsione ordita, secondo i pm di Napoli, da Tarantini e Lavitola contro il premier. Con ogni probabilità, gli inquirenti romani chiederanno l'archiviazione. A Bari, invece, non appena le carte saranno lette dai pubblici ministeri, il presidente del Consiglio e l'editore dell'Avanti! saranno iscritti nel registro degli indagati. Forse oggi stesso, comunque nell'immediato. Per la procura barese è un atto dovuto: non solo a garanzia degli interessati, ma soprattutto perché è la naturale conseguenza della decisione del Tribunale del Riesame di Napoli. Il collegio partenopeo ha ipotizzato con chiarezza il profilo del reato di istigazione a mentire che Lavitola e il premier avrebbero commesso: chiedendo in sostanza a Tarantini di tacere per evitare lo scandalo del caso escort.
Di più: secondo una prima, provvisoria ipotesi della procura, Berlusconi e Lavitola sarebbero stati l'uno in concorso con l'altro decisi a spingere Tarantini al silenzio o alla menzogna. Non solo: gli inquirenti baresi hanno puntato l'attenzione sulla dichiarazione di Lavitola fatta mercoledì sera alla trasmissione su La7 Il Bersaglio Mobile, condotta da Enrico Mentana. Ci sarebbe, secondo l'editore dell'Avanti!, una telefonata non agli atti dell'inchiesta: «Dicevo al presidente - racconta - "mi ha contattato Tarantini, ha notizia dei 500mila euro e vuole che gli sia consegnata questa somma. Gliela metto a disposizione?" E il presidente rispondeva "no, no, lui deve fare un'attività, aiutali che sono due ragazzini"». Il quesito della procura è: somme così ingenti servivano per soccorrere una famiglia in difficoltà o avevano altri scopi? Nodi da sciogliere per i pm baresi Ciro Angelillis ed Eugenia Pontassuglia - gli stessi dell'indagine escort - nominati dagli aggiunti Pasquale Drago e Annamaria Tosto. Si astiene invece il procuratore capo Antonio Laudati che, in una lettera al procuratore generale Antonio Pizzi, spiega la sua decisione in relazione all'inchiesta alla Procura di Lecce per un suo presunto favoreggiamento, millantato al telefono da Tarantini con Lavitola, nel ritardare la chiusura dell'indagine escort. Ieri la Guardia di Finanza ha perquisito la sede dell'Avanti!. Su richiesta dei pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli sono stati acquisiti documenti ritenuti utili a fare luce su alcuni aspetti ritenuti opachi dei finanziamenti ottenuti dal giornale erede dello storico organo del Psi. Agli accertamenti sui finanziamenti ottenuti da L'Avanti! aveva già fatto riferimento il gip Amelia Primavera nell'ordinanza con cui il 20 settembre aveva stabilito la competenza di Roma ad indagare sulla presunta estorsione ai danni di Berlusconi. Il gip aveva parlato, tra l'altro, di «malversazione, dirottamento e utilizzo per finalità diverse, operato dal Lavitola, dei fondi e dei finanziamenti erogati dallo Stato al quotidiano L'Avanti». Somme «ingenti distolte e destinate da Lavitola e dai suoi complici - aveva scritto il giudice - al perseguimento di interessi e di affari personali che nulla hanno a che fare con il suddetto quotidiano».
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